#maledettaadolescenza è un hashtag che mi capita di usare spesso nei miei post su facebook. Un po’ è autobiografico perché, avendo due figli di 15 e 12 anni, lo penso spesso! Un po’ è legato al mio lavoro; quando incontro genitori con figli nella fascia di età 12-18 anni, sento spesso questi mantra: “è davvero dura”, “non pensavo fosse così faticosa l’adolescenza”, “non riconosco più mio figlio”, “è una sensazione bruttissima, nostra figlia ci detesta”, “ma cosa abbiamo fatto di male per essere trattati così da nostro figlio?”.
Eccola lì, la fregatura di noi genitori 2.0. Ne facciamo una questione personale, misuriamo il nostro essere stati dei bravi genitori dalla risposta emotiva dei nostri figli, pensiamo che tutta quella rabbia che i figli adolescenti a volte ci riservano sia legata ad una colpa, a una mancanza, ad un errore. “Abbiamo sbagliato tutto!”, mi dicono alcuni genitori durante i colloqui, con lo sguardo mesto e il sorriso spento. “No”, dico io “se vostro figlio è spesso arrabbiato, se molte volte vi guarda con sguardo sprezzante, se si indispettisce appena dite di no, se manifesta insofferenza alla vostre parole, se è intollerante alla vostra presenza … non ha nessun problema né nessuna malattia, e voi non avete colpe: è solo adolescente!”.
Sapete cosa ci frega rispetto alle generazioni di 30 o 50 anni fa? Che noi genitori moderni investiamo affettivamente nelle relazione con i figli, molto più di un tempo; nelle famiglie di oggi c’è minore asimmetria relazionale, le figure autoritarie stanno scomparendo (per fortuna), a vantaggio dell’autorevolezza; oggi la famiglia è un po’ meno normativa e un po’ più affettiva. Bello, ma più complesso. Quando poi invece c’è sbilanciamento eccessivo sull’affettività e carenza sulla normatività, diventa invece un problema, soprattutto in adolescenza: lo sappiamo; i ragazzi adolescenti non hanno bisogno di due amici in più, ma di due genitori.
Pensiamoci: se abbiamo creato con i nostri figli, un rapporto caldo, intimo, amorevole, fatto anche di coccole e divertimento, è normale che poi, tra gli 11 e i 13 anni, quando si trasformano in piccole serpi ingrate incappucciate in felpe over size e insonorizzati dal mondo con le loro cuffiette nelle orecchie, noi genitori andiamo in crisi. Ed è normale che quella crisi sia più forte e intensa di come se la vivevano un tempo. Perché noi siamo i genitori “del sentire” e non solo “del fare”; noi siamo la generazione che si preoccupa di “come stanno” i figli e non solo di “cosa fanno”. E quando hanno quel normale malessere esistenziale tipico dell’adolescenza, stiamo male anche noi. Andiamo un po’ in crisi anche noi. Da un lato perché tolleriamo poco di vederli soffrire, dall’altro perché ci fanno soffrire “vomitandoci” addosso tutto il loro malessere.
Insomma, abbiamo scelto di essere genitori più attenti alle emozioni e ai bisogni dei nostri figli, ma in adolescenza paghiamo il prezzo di una fatica amplificata rispetto ad un tempo. Come spesso capita nella vita, qualcosa si guadagna, qualcosa si perde. L’importante è esserne consapevoli, perché questo già aiuta a reggere. A pensare che non sarà così per sempre. A tollerare questa fase, sapendo che è fisiologica e necessaria, con la certezza che tra qualche anno si uscirà dalla tempesta recuperando un rapporto che non si è rotto. E’ solo in fase di evoluzione.
Di cosa hanno bisogno, allora, i nostri figli adolescenti? Che cosa ci chiedono?
Due cose semplicissime, ma difficilissime:
1) Che noi siamo solidi, capaci di reggere alle loro burrasche emotive senza farci “allagare emotivamente”. Solidi, ma non rigidi. Capaci anche di ascoltarli, se mai in una rara giornata hanno voglia di parlarci. Senza banalizzare e minimizzare i loro drammi esistenziali, che a volte si riducono a “non so che vestito mettermi per la festa”, o “oggi non viene nessuno a fare un giro in via”. Solidi anche nel reggere i loro fisiologici attacchi, le loro rabbie. Se non le scaricano contro di noi, contro chi dovrebbero farlo?
2) Che noi riusciamo ad “elaborare il lutto” della crescita di nostro figlio. Perché in sostanza è questa la grande fatica. Fare il passaggio. Un tempo i figli erano anche forza lavoro nelle famiglie, non si vedeva l’ora che fossero grandi. Oggi siamo quasi dispiaciuti che crescano, rimpiangiamo quando erano “i nostri cuccioli”. Ci mancano gli abbracci, i sorrisi di quando erano piccolini. Vorremmo ancora stringerli un po’ anche se sono dei giganti alti come noi. Ma no. Dobbiamo saper fare un passo indietro. Accarezzarli col pensiero. Come genitori siamo chiamati a questo, a lasciar andare. A lasciarli anche sbagliare e inciampare. Si cresce anche, e soprattutto, attraverso i propri errori.
3) C’è una terza cosa da continuare a fare, anche quando diventano adolescenti. Continuare a dare regole. Meno prescrittive, meno rigide, concordandole e negoziandole con loro. Ma devono esserci. Non abdichiamo del tutto. Se diamo ancora limiti, loro faranno di tutto per forzarli, per avere più libertà. Loro lotteranno per questo. Impareranno a chiedere e a mediare. Non priviamoli del conflitto con noi. E’ necessario come il pane per un adolescente! In quella lotta e in quel conflitto con mamma e papà impareranno a crescere. E ne usciremo tutti maturati. Loro diventeranno giovani adulti, noi diventeremo nuovi padri e nuove madri.
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Grazie! Bellissimo ‘accarezzarli con il pensiero’……..