“La situazione è quella che è, se fossi un attore sarei venuto qui ad esporre una 'bandiera bianca'”. Basterebbero, da sole, queste poche parole di Enrico Formento Dojot, garante dei diritti dei detenuti in Valle d'Aosta, per descrivere la sua relazione sull'attività svolta nell'anno 2017 all'interno del carcere di Brissogne.
Relazione nella quale campeggia la scritta “La situazione del carcere di Brissogne è divenuta infatti insostenibile per l'assenza di un Direttore titolare e per altre criticità”. Che non sono poche: “La struttura comincia ad avere i suoi anni e di manutenzione se ne fa poca – spiega Formento Dojot – ci sono gli spifferi nelle celle e d'inverno fa freddo”.
I problemi non sono però solo strutturali, ma rischiano di diventare numerici, come il garante ha già spiegato spesse volte: “Ad oggi son presenti 199 detenuti (la capienza regolamentare è di 181, ma comunque molto sotto i 281 del 2012), due terzi dei quali stranieri e un terzo italiani, il doppio della media nazionale, molto eterogenei, con gli stranieri eterogenei a loro volta tra di loro. Non ancora si può ancora parlare di 'sovraffolamento', ma il dato è da monitorare, non vorrei che le misure 'svuota carceri' stessero scemando”. Il punto debolissimo è la questione del personale, come spiega Formento in un “fuoco di fila”: “Manca il Direttore titolare anche quest'anno, c'è un educatore distaccato temporaneamente che si spera ritorni perché è figura centrale e al momento ce ne sono due, come critica è la situazione degli assistenti sociali: sono in 3, una a tempo pieno, una a tempo parziale ma che viene dal Piemonte e uno a contratto annuale, ma nessuno è presente nell'istituto. Mancano psicologo e psichiatra e manca il comandante, con gli uffici scoordinati tra di loro, senza guida”. Nel mezzo, disagi, tensioni e risse.
E non basta aver risolto il problema dell'acqua potabile, che Formento attribuisce ad un impianto vetusto e ad un pozzetto in cattive condizioni. La visione d'insieme è nefasta: “È un quadro veramente desolante – spiega –, peggiorato ulteriormente dall'anno scorso a causa dell'elevato turn-over tra i dipendenti che pregiudica le attività di formazione, ma anche per l'assunzione della struttura del ruolo di 'polmone' dei carceri con problemi di sovraffolamento come le vicine Opera e Vallette”.
Un dato positivo, però, il garante lo riesce a trovare, non senza sforzo: “È motivo di speranza l'istituto della 'messa alla prova'. La giustizia pensata non per fare espiare una pena ma per reinserire il reo, come peraltro dice l'articolo 27 della Costituzione. Perché se il concetto è solo 'puniamo', anche detenuto sarà 'infantilizzato', e paradossalmente diventa un alibi anche per lui”.