Il processo era iniziato per tentata violenza privata, ma sentite le testimonianze della parte offesa e di un inquirente in un'udienza del febbraio 2017, il giudice monocratico Maurizio D'Abrusco aveva accolto l’istanza dell’avvocato difensore Federico Fornoni, concludendo che fossero emersi fatti “ben più gravi” rispetto a quelli oggetto della contestazione e trasmettendo gli atti in Procura. Le accuse a carico di Diego Carli, 48enne di Bari, sono così state riqualificate in estorsione e truffa e ieri, martedì 20 marzo, si è tenuta l'udienza preliminare. L'imputato non ha richiesto riti alternativi: il Gup Giuseppe Colazingari lo ha quindi rinviato a giudizio, fissando per il prossimo 2 luglio la comparizione dinanzi al giudice per il dibattimento ordinario.
Nella testimonianza che ha condotto alla revisione delle imputazioni, un'imprenditrice della media Valle sulla cinquantina aveva raccontato, in lacrime, come Carli, facendo breccia nei suoi sentimenti, fosse riuscito a farsi consegnare da lei 110mila euro in soli quattro mesi. La donna aveva detto di una conoscenza nata nel novembre 2014, al bar del Casinò di Saint-Vincent (all'epoca, era emerso, lui viveva in un alloggio in affitto a Pont-Saint-Martin), e “cresciuta” in fretta: "Ero cotta, mi aveva ipnotizzata. Mi aveva fatto credere che mi voleva bene, io ero sola in casa con i miei problemi". Presto, era continuata la ricostruzione dei fatti, i due erano passati ad incontri “intimi” e l'uomo aveva iniziato a chiedere denaro, mai restituito.
Le ragioni addotte per quei prestiti erano le più diverse. Secondo la testimone, la prima volta Carli aveva parlato di seimila euro per un fratello al sud, che prima avrebbe dovuto sostenere un intervento chirurgico, poi sarebbe morto, ma il Carabiniere occupatosi delle indagini aveva testimoniato che tutti i parenti stretti dell'imputato erano ancora viventi. In un altro caso, era arrivato a sostenere che il denaro fosse per “la sua impresa, che era in difficoltà”, ma il maresciallo dell'Arma era stato netto nell'indicare che gli assegni e le ricariche Postepay avevano preso la strada dell'acquisto di “mobili, macchine ed elettrodomestici”. Peraltro, dalla deposizione del militare, era emerso anche come l'imputato si fosse presentato quale single, ma “aveva in realtà una convivente e due figli” e “la sua ditta poi era chiusa da anni".
Dopo qualche tempo, Carli, nelle parole della donna che se n'era profondamente innamorata, si era “trasformato”: “Non dovevo parlare con nessuno dei soldi che gli avevo dato, mi minacciava che avrebbe detto tutto a mio marito. Mi diceva 'se vuoi la guerra l'avrai, non svegliare il can che dorme'”. L'imprenditrice, che si è costituita parte civile ed è assistita dall'avvocato Ascanio Donadio, aveva quindi osservato che “sembrava un attore, mi aveva detto anche di essere ricoverato in ospedale a Milano per un'operazione alla testa. Ci andai, ma lui non era lì". Concludendo il racconto su quei mesi, la donna aveva parlato senza eufemismi di “un incubo, la mia troppa bontà mi ha portato nei guai. Mi sono rivolta ai Carabinieri solo otto mesi dopo. Mi diceva di chiedere soldi in giro, ai miei familiari. Da marzo 2015 non gli ho più dato nulla". L'accusa è rappresentata dal pm Luca Ceccanti.