Sono continuate per tutta la giornata di ieri, domenica 8 aprile, le attività investigative sulla valanga che, nella mattinata di sabato 7, ha investito in parte un gruppo di scialpinisti del Cai, facendo due feriti e due vittime al Col Chamolé, a 2.500 metri di altitudine, sopra Pila. Se nell’imminenza dei fatti, il pubblico ministero Eugenia Menichetti ha compiuto un sopralluogo in elicottero, soprattutto per rendersi conto delle proporzioni del distacco (il fronte è stato valutato in 300 metri, per un dislivello percorso dalla massa di neve di circa 600), ieri è stato il momento di approfondire alcuni aspetti.
Gli inquirenti cercano conferme all’ipotesi apparsa loro più verosimile sin dalle prime battute: il gruppo era numeroso (19 persone, che partecipavano ad una delle uscite “sul campo” previste da un corso avanzato di scialpinismo della scuola CAI “Pietramora”, formata da varie sezioni romagnole dell’associazione) e il suo scollinamento dalla parete al pendio che porta al rifugio Arbolle, unito al rialzo termico e agli accumuli consistenti di neve in quota, può essere il mix che ha modificato l’equilibrio del manto, provocando la caduta della valanga.
Al momento del distacco, i quattro sciatori investiti – le due vittime Carlo Dall’Osso, 52enne di Imola, e Roberto Bucci, 28enne di Faenza, così come i feriti Matteo Manuelli, 43 anni di Imola, e Giacomo Lippera, 45 anni di Rimini – procedevano in coda. Tutti, salvo Bucci, erano istruttori e nel gruppo ce n’erano altri quattro, per un totale di sette (a fronte di dodici partecipanti all’attività). Si concentrano su di loro le indagini degli uomini del Soccorso Alpino della Guardia di finanza di Entrèves, che ieri hanno acquisito altre testimonianze, in vista di consegnare alla Procura una relazione sull’accaduto (al momento, l’ipotesi è di omicidio colposo plurimo). I superstiti, alloggiati temporaneamente nella casa dei padri somaschi, non lontana dalla caserma, sono risultati ancora molto scossi.
Tra i vari aspetti al vaglio degli inquirenti, vi è anche il perché fosse stato scelto un itinerario non noto per lo sci-alpinismo. Sempre ieri, i tecnici dell’Ufficio valanghe dell’Amministrazione regionale sono tornati sul luogo del dramma, per compiere operazioni tecniche quali la valutazione della consistenza del manto, così da ottenere altri elementi sull’accaduto.
Nel frattempo, si registrano alcuni messaggi di cordoglio. Uno, in particolare, proviene da uno degli scialpinisti che erano a Chamolé sabato mattina. E’ il forlivese Matteo Reggiani, che sulla sua pagina Facebook ha scritto: “Tutto quello che la montagna mi ha dato in questi 40 anni ieri purtroppo in quei pochi minuti se l'è ripreso con gli interessi… Un unico pensiero va ai due compagni di viaggio che non ce l'hanno fatta e ai loro familiari che li stanno piangendo… Prego per loro”.
Sulla tragedia di Chamolé si è espresso anche il presidente della sezione di Cesena del Cai (che forma la scuola, assieme a quelle di Faenza, Forlì, Imola, Ravenna e Rimini), Pasqua Presepi. “Alla direzione della scuola di Pietramora – è il suo pensiero – ed a tutto il suo corpo istruttori, vorrei porgere il mio cordoglio per la tragedia accaduta in Valle d’Aosta. Non altre parole, ma tutto il calore nell’esprimere la mia personale vicinanza, quella del mio Consiglio direttivo e quella della mia sezione”.