Parlano i Vigili del fuoco valdostani di ritorno da Genova: “mai vista una cosa del genere”

I cinque pompieri, e i loro cani da ricerca, partiti dalla Valle l’altro ieri, appena crollato il ponte Morandi, sono rientrati oggi pomeriggio al comando di corso Ivrea, dopo ore trascorse a cercare eventuali superstiti e le vittime della tragedia.
I Vigili del fuoco valdostani a Genova
Cronaca

“A me, e ai miei quattro colleghi scesi a Genova, era già capitato di trovarsi tra le macerie di terremoti, ma uno scenario così non lo avevamo mai visto”. In Patrick Ronc, responsabile del Nucleo cinofili dei Vigili del fuoco della Valle d’Aosta, l’uomo vince sul professionista, mentre nel pomeriggio di oggi, giovedì 16 agosto, è a bordo del furgone che lo riporta verso il comando di corso Ivrea e accetta di raccontare, al telefono, l’esperienza appena vissuta in Liguria.

Dal pomeriggio dell’altro ieri, partiti in elicottero e via terra subito dopo lo spaventoso crollo del ponte Morandi, i pompieri della Valle hanno contribuito, con i cani da ricerca Honey, Dako, Rega, Teo e Lucky, alla ricerca di eventuali superstiti e dei cadaveri delle vittime della tragedia. Ore trascorse ad insinuarsi tra blocchi di cemento e detriti di dimensioni imponenti, caduti oltretutto da un’altezza di decine di metri, scatenando morte e distruzione. Tornano a casa portando con loro “immagini decisamente toccanti”, perché non si è trattato di “un incidente di quelli che, per il lavoro che facciamo, affrontiamo spesso”.

“Da subito, arrivati sul greto del fiume con i cani in braccio, dopo esserci registrati all’ufficio che coordinava l’attività sul sito, abbiamo iniziato – racconta ancora Ronc –  ad operare in collaborazione con l’Usar Lombardia, a gruppi di due unità. L’area del crollo è stata suddivisa in tre settori: levante, ponente e centrale. In sostanza, sul tratto di viadotto precipitato c’erano sempre, a seconda delle esigenze, dai sei agli otto cani. Sul luogo è stato creato, per armonizzare questa presenza, un centro coordinamento cinofili di tutta Italia”.

Le operazioni si sono rivelate complesse, sia per la natura dello scenario (“a volte era necessario intrufolarsi in anfratti strettissimi e mandare il cane avanti, tenendolo tra le braccia per alcuni tratti”), sia perché la presenza nelle macerie del ferro delle armature del ponte, assieme alle lamiere dei veicoli finiti al suolo e ai carburanti e agli oli sversatisi da questi ultimi, ha complicato parecchio le cose per l’olfatto delle unità.

Le risorse sul luogo si sono alternate a turni di otto ore: “anche quando ti staccavi, rimanevi a disposizione, lasciando però la priorità a cani e conduttori più freschi”. Anche perché “mentre il cinofilo riposava”, i Vigili del fuoco lavoravano sulle zone da lui indicate, “per il recupero dei corpi e per affidarli alla polizia mortuaria”. Ogni cane era attivo “per circa mezz’ora”, anche perché “visti i blocchi di cemento era impensabile scavare con le mani. Venivano ridotti con gli scavatori, poi rimandavi il cane a fare un ‘secondo giro’, dopo averli spostati”.

Sul cratere del crollo hanno lavorato contemporaneamente sino a 180 soccorritori. Una cifra importante, che presuppone un’attività di coordinamento non indifferente. “Quando sei lì – spiega il Vigile del fuoco valdostano – lavoreresti anche tutta la notte, ma devi rispettare i ritmi e le attività degli altri. Operare in questo modo è l’unica soluzione”.

I cinque Vigili e i loro cani (tre border-collie, un malinois ed un meticcio) sono rientrati in Valle oggi, ma nel cantiere, estratti trentanove corpi, si continua a scavare. “C’è questo numero di dispersi, – conclude Patrick Ronc – che però è ipotizzato: le operazioni continuano, ma non si trovano”. Fino al 18 agosto, sul greto del Polcevera resteranno in attività le unità cinofile liguri e quelle delle regioni confinanti. Dopodiché, inizierà, per Genova e per tutto il nord-ovest, la parte più difficile: rialzarsi e riprendere il cammino verso una normalità che non sarà semplice da ritrovare.

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