Se i documenti esibiti all’ingresso della Casa da gioco di Sant-Vincent fossero autentici, da Medellín non proverrebbe solo il Cartello fondato e gestito da Pablo Escobar ed altri narcotrafficanti, ma anche l’incubo recente dei Casinò italiani. Dalla cittadina colombiana proverrebbero infatti le quattro persone che, la settimana scorsa, sono riuscite a lasciare la cittadina termale con un “bottino” di 21mila euro, dopo aver “svuotato” una slot-machine.
La fortuna, ovviamente, c’entra molto poco, anche perché sull’episodio – risalente alla serata di venerdì 15 febbraio – è al lavoro la Polizia, con un’indagine per furto aggravato coordinata dal pm Carlo Introvigne. Stando a quanto emerso finora, anche grazie alla videosorveglianza, i quattro, tutti uomini, avrebbero concentrato le loro attenzioni su una “macchinetta” in particolare, perché consci di una vulnerabilità del suo sistema di sicurezza, tale da permettere di asportare senza difficoltà il contenitore interno che raccoglie i soldi inseriti dai giocatori.
L’aspetto singolare della vicenda è che, prima di “svuotare” la slot, la “compagnia di Medellín” si sarebbe preoccupata anche di “riempirla”, facendolo però a spese del Casinò, sempre attraverso la profonda conoscenza del meccanismo di funzionamento. Le “machines à sous” di Saint-Vincent non erogano più vincite in contante, né gettoni, da tempo. Emettono un ticket (contrassegnato da un codice numerico), che è poi possibile cambiare in denaro in una cassa automatica.
Il tagliando, tuttavia, può anche essere ottenuto qualora non si voglia più continuare a giocare. In questo caso, il suo importo è del residuo dell’ammontare inserito inizialmente: e sarebbe proprio tale aspetto ad essere stato sfruttato dai quattro. Data in pasto alla slot una somma, non l’avrebbero giocata interamente, facendosi rilasciare un ticket, per poi convertirlo e re-inserire nella macchina il contante così ottenuto, selezionando quindi l’emissione di un altro tagliando e ripetendo la sequenza fino a “rimpinguare” la slot, per il totale poi sottratto.
Modalità che, oltre a mettere in luce particolari cognizione ed abilità (l’operazione sarebbe stata compiuta con estrema naturalezza e rapidità, grazie anche all’essere in gruppo), trovano diverse similitudini in episodi verificatisi ai danni dei Casinò di Venezia e Sanremo, l’anno scorso. Nella cittadina ligure, la “ripulitura” della “macchinetta” – stando alle cronache giornalistiche della riviera – aveva fruttato ventiduemila euro e ad agire – in febbraio, periodo di massima affluenza per il festival della canzone italiana – sarebbero stati quattro sudamericani. Di Medellín? Chissà.