Una vita a contatto con il mondo agricolo, già dai tempi del bisnonno; poi, nel 2001, la decisione coraggiosa di fare dell’agricoltura la propria vita. Simone Réan, allevatore di Saint-Marcel, ha uno sguardo lucido ma anche romantico su questo mondo, che i più vedono solo nel suo aspetto più esteriore: “La Valle d’Aosta è bella, ma in pochi sanno che è anche merito degli agricoltori: c’è un grande lavoro dietro. L’agricoltura è molto importante, e non è un mondo facile”.
Simone gestisce la sua azienda agricola da solo, mentre la moglie Silvia è ad Antagnod a gestire il suo albergo ed i figli Maurizio e Marta, di 11 e 9 anni, a scuola: una cascina curata, ben tenuta ed ordinata, equidistante dal paese e dalla statale, in una zona tranquilla in Località Clapey. “A me piacerebbe vivere in posti tipo il Wyoming: c’è chi ha paura di essere isolato, a me questo posto piace moltissimo”. Dieci ettari di terreno qui, più altri nel mayen a Bondina, tra Saint-Marcel e Brissogne, dove i circa quaranta bovini vanno al pascolo in estate, abbastanza campi da renderlo autonomo per quanto riguarda il fieno. Da qualche anno si sono aggiunti i cavalli, la passione di Marta: “I box li ho costruiti io. Mi piace lavorare il legno, bisogna imparare a fare un po’ di tutto. La corrente, invece, non mi piace, è una cosa che non voglio toccare. L’agricoltore è alla base: se ti si rompe qualcosa in casa e devi chiamare il tecnico, devi spendere 50 euro solo per la chiamata. L’equivalente di 100 litri di latte, è un grosso lavoro”.
Sacrificio e soddisfazioni di un lavoro che si fa per passione
C’è tanto sacrificio in chi decide di fare questo lavoro, e non solo per la sveglia alle cinque del mattino: “Le mucche hanno bisogno di mangiare ed essere pulite tutti i giorni, anche se stai male, anche la domenica o a Natale. Io sono da solo, ho un operaio d’estate e ogni tanto mi aiuta mio papà, che ci permette di andare in vacanza tre giorni all’anno. Però vedi crescere gli animali e vivi tante soddisfazioni: è un lavoro che si fa per passione, non per soldi”. L’azienda agricola di Simone Rean vende il latte da cui viene poi fatta la fontina o altri prodotti caseari: “Ho scelto un’impostazione diversa: le mie mucche vitellano tutto l’anno, quindi abbiamo una produzione costante di latte. Non possiamo permetterci tempi morti. Avevo anche un distributore automatico di latte fresco, che rendeva molto. Dopo tre anni, però, ho dovuto chiuderlo a causa dell’eccessiva burocrazia che c’era dietro. Eravamo in otto in Valle d’Aosta, ora ne è rimasto solo uno”.
I contributi e la necessità di investire
La burocrazia è il tasto dolente, non solo per Simone, ma per tutta l’agricoltura: “Per poter innovare o almeno sopravvivere bisogna investire, avere il capitale. I soldi dei contributi ci sono, ma sono fermi a Roma: se non si trova il modo di far arrivare questi soldi, c’è il rischio che a breve in molti chiudiamo. Io quindici anni fa mi sono ingrandito ed ho rifatto tutto, e sei anni fa grazie al consorzio fondiario abbiamo fatto la bonifica: però ci sono dei mutui da pagare, quei soldi servono e siamo molto vincolati agli aiuti. Viviamo in un territorio montano, più che fieno non si può fare. Certo, ci sono tante idee belle, come differenziare le produzioni o collegare turismo ed agricoltura, ma è necessario poter investire”.
Le batailles des reines, momento chiave per l’agricoltura
Le mucche di Simone partecipano anche alle batailles des reines, e lui vede in questa manifestazione qualcosa che va al di là della semplice competizione tra mucche: “Mio papà Laurino per 32 anni è stato nel comitato e per 15 lo speaker, già mio nonno era uno dei fondatori. Le batailles non sono cruente, gli allevatori provano un amore per le proprie mucche che forse non provano neanche i padroni di cani. C’è un grande seguito, ed è un momento di incontro importante: si parla di lavoro e di problemi, si concludono affari. Non tutti sono consapevoli che se si chiudesse la bataille sarebbe un brutto stop per tutto il mondo agricolo valdostano”.
I figli di Simone seguiranno le sue orme?
Oltre a tutto questo, Simone Rean è anche il vicepresidente di Coldiretti Valle d’Aosta: “Siamo un bel gruppo, ed abbiamo deciso di puntare sui giovani, anche se è un momento di transizione”. Proprio a proposito di giovani e futuro, come vivono questo mondo i suoi figli? “Per loro è più facile, forse: quando avevo io la loro età, negli anni 90, chi aveva le mucche non era visto di buon occhio, erano tutti interessati alle cose moderne. Ora si sta tornando ad apprezzare le cose naturali, i loro amichetti vengono qui a giocare e sono contenti. Se dovessero seguire le mie orme sarei felice, ma non deve essere un obbligo: io insegno loro tutto quello che so, poi dovranno seguire la loro strada”.