Poche lacrime, ma tante persone e la grande consapevolezza di aver perso uno dei protagonisti della storia della Valle d’Aosta: nella chiesa parrocchiale di Châtillon in molti si sono stretti per dare l’ultimo saluto a Cesare Amato Dujany, scomparso domenica 31 marzo all’età di 99 anni.
Non solo i rappresentanti delle istituzioni, con i tanti sindaci, assessori regionali ed esponenti politici, ma anche le bande musicali, le associazioni dei reduci e combattenti, e la gente con cui si fermava sempre a parlare per le vie del suo paese. “Veniva in chiesa per mettersi in gioco, era un uomo sempre “in cerca”, e solo chi cerca può trovare. Ha vissuto la sua vita fino alla fine, ha fatto quello che andava fatto, con intelligenza”. Lo ha ricordato così Don Andrea Marcoz nella sua omelia in italiano durante la messa celebrata in francese. “Non si è mai lasciato andare alla disperazione, ha sempre vissuto nella speranza e ci ha insegnato ad essere liberi: non apparteneva a nessuno, e non gli farebbe piacere pensare che ci siano persone che lo tirino dalla propria parte”. E infine una domanda: “E adesso? Cosa ne facciamo dei suoi insegnamenti, della sua vita? Bisogna raccogliere il suo testimone, per una Valle d’Aosta migliore ma anche per vivere con passione”.
Ed appassionato e commosso è stato il ricordo di Luciano Caveri, che con Dujany ha condiviso tante esperienze politiche, soprattutto a livello nazionale: “Questo è il discorso pubblico più difficile da fare, per me”, ha detto in francese. “Sei uno dei padri dell’autonomia della Valle d’Aosta, sei nel pantheon di quelli che ci hanno lasciati. Hai attraversato il ‘900 lasciandoci grandi insegnamenti: su come rappresentare un popolo, su come essere cittadini, su come avere uno spirito civico ed una rettitudine morale. Insieme abbiamo vissuto momenti politici importanti, ed hai rappresentato la Valle d’Aosta a tutti i livelli: dal consiglio comunale di Châtillon al consiglio regionale, fino al Parlamento. Bon voyage, César. Adieu”.