Arcipelago sub-antartico di Crozet, 2007. “Lì ho capito più di ogni altra cosa che sono dovuto andare agli estremi del mondo per trovare quella natura che mi rende felice” – con queste parole il fotografo Stefano Unterthiner racconta la sua vita selvaggia.
Poche settimane dopo il matrimonio, il fotografo insieme a Stéphanie, immancabile compagna di vita e di viaggio, è giunto sull’isola popolata da pinguini reali ed elefanti marini. Un’isola, oggi riserva protetta, dove il contatto tra uomo e natura è ancora possibile.
In quei luoghi, oltre agli scatti subacquei con una muta e degli improvvisati guanti da cucina per proteggere le mani dall’acqua gelata, il fotografo ha vissuto uno dei suoi ‘momenti memorabili’. “A volte capita di trovarsi al posto giusto nel momento giusto”. Così è stato quel giorno di tempesta in cui le orche cacciavano davanti alla baia. Tra il vento e la pioggia torrenziale, con l’acqua che debordava e allagava la colonia di pinguini spaventati, a soli dieci metri dal fotografo ecco comparire il grande mammifero marino. Il racconto dipinge un quadro tanto selvaggio da dover smettere di fotografare per guardarlo e assaporarne la bellezza. Lo scatto, intitolato “Killer in the mist”, ha ottenuto il premio “Veolia Wildlife Photographer of the Year” nel 2009.
Il fotografo ricorda che “la vita selvaggia è migliore se condivisa con qualcuno”. Nel suo caso è condivisa con Stéphanie, alla quale deve la sua riconoscenza perché proprio a Crozet è arrivata in suo soccorso con una scheda di memoria che potesse contenere i meravigliosi scatti prodotti.
Con simpatia e coinvolgimento, Stefano Unterthiner si racconta davanti a un pubblico di cento persone riunite nella sala Archi Candidi del Forte di Bard. Un sabato pomeriggio all’insegna della fotografia naturalistica.
Dagli animali che popolano le montagne della Valle d’Aosta, con particolare riferimento al Parco del Gran Paradiso, dove nasce la passione per montagna e per natura, al drago dell’Arcipelago indonesiano di Komodo, al kiwi neozelandese, al puma cileno, alla lontra di Singapore, eccetera. Un elenco, indubbiamente selvaggio, in continua evoluzione. Il fotografo valdostano, che gira il mondo per raccontare la vita degli animali, dice: “in montagna, ma più in generale nella natura, riesco a sentirmi felice”.
Attraverso i racconti si palesa la grande sensibilità del fotografo. A dimostrarlo la sua abitudine di dare nomi propri agli animali ritratti. Ne è un esempio Troublemaker, celebre macaco nero della Penisola del Sulawesi premiato nel 2008 al concorso Wildlife Photographer of the Year e comparso sulla copertina del Wildlife magazine a ottobre dello stesso anno.
L’obiettivo di questa vita selvaggia è fare divulgazione e migliorare il rapporto di convivenza tra uomo e natura. La fotografia di Stefano Unterthiner, che conta tra i suoi successi reportage pubblicati sul National Geographic e immagini premiate al concorso Wildlife Photographer of the Year, è di denuncia. Ha dimostrato che, grazie alla fotografia e con l’aiuto di alcune associazioni, è possibile ottenere storie di successo. Lo testimoniano i casi di ripopolamento della lontra liscia a Singapore e dell’uccello kiwi in Nuova Zelanda.
Il fotografo insegna che “l’unica vita che merita di essere vissuta è quella accanto alla natura”, da lui colta con quel grandangolare che dà l’impressione di poter toccare gli animali selvaggi ritratti.