Al Polo Sud una sonda geologica si immerge fino a tre chilometri di profondità per misurare la temperatura della Terra. Dal 1850 ad oggi il livello medio della temperatura dell’aria è aumentato di un grado. Se il Pianeta si scalda di un grado, l’Italia sale a due.
A spiegare i perché dell’aumento, durante la conferenza “Cambiamenti climatici: cause e impatti del riscaldamento globale”, è Antonello Pasini, fisico del clima e ricercatore al Consiglio Nazionale delle Ricerche di Roma. La serata succede alla Giornata Mondiale dell’Ambiente del 5 giugno, istituita dalle Nazioni Unite nel 1974, e vede la partecipazione di un pubblico particolarmente numeroso distribuito nelle quattro sale della Biblioteca regionale.
Due gradi in più. Un aumento che impatta su uomo e natura.
Per l’essere umano significa sopportare un calore e un’umidità da bollino rosso, che si traducono in forte sudorazione, fatica fisica e respirazione di inquinanti pericolosi per l’organismo.
Anche il territorio soffre. Lo dimostrano gli eventi estremi che lo hanno colpito. Genova, novembre 2011, il Mar Ligure ha una temperatura più alta di tre gradi rispetto alla norma del periodo. Il calore esagerato del mare si trasferisce nell’atmosfera che scarica il surplus di energia con una pioggia forte e incontrollata provocando un’alluvione. Al Mar Ionio, nel novembre 2012, è sufficiente un grado in più per scatenare una tromba d’aria nei pressi di Taranto. Un vortice che, come rivelato dagli esperimenti in laboratorio, si sarebbe evitato “in assenza del più uno”.
I disastri climatici sono sempre più intensi. I ghiacciai si sciolgono e gli atolli del Pacifico vengono sommersi. Gli abitanti sono costretti a chiedere “asilo ambientale” ai Paesi più vicini.
Grazie a Simone Gottardelli di Fondazione Montagna Sicura gli argomenti trattati vengono declinati al caso valdostano con un approfondimento sui ghiacciai. Nel 1999, centoquarantaquattro chilometri quadrati di ghiaccio popolavano la Valle. Nel 2012, ne restano centoventotto. A supporto dei dati, le fotografie delle lingue di ghiaccio che un tempo si spingevano fino al fondovalle. Una perdita, pari a due chilometri quadrati all’anno per un periodo di tredici anni, sia in termini di bellezza paesaggistica che di risorse idriche.
L’andamento del clima ha sempre visto un’alternanza tra ere glaciali e periodi caldi. Negli ultimi centocinquant’anni però sono aumentate in modo incontrollato temperatura e anidride carbonica. Dal 1984 al 2012 il Polo Nord ha perso una superficie pari a dieci volte la grandezza dell’Italia. La Terra scotta e la colpa è dell’uomo, anche se tra gli scettici c’è chi ancora non lo accetta.
Il problema esiste e per risolverlo è necessaria una presa di coscienza globale. Nessuna bacchetta magica per il futuro che dipenderà dalle scelte fatte a livello politico e socio-economico. La situazione si aggrava se si pensa alla correlazione che il riscaldamento ha con il problema della fame nel mondo e il terrorismo. Il fisico Antonello Pasini approfondisce il legame nel volume “Effetto serra, effetto guerra”.
Come intervenire? Adottare misure politiche valide dall’alto e attivare circuiti virtuosi su consumo e risparmio dal basso. Pensare in modo sistemico a soluzioni con effetti duraturi pare sia l’unica soluzione.