Aumenta di 24mila euro, passando così ad un totale di 98.452 euro, la somma che l’ex capogruppo della Fédération Autonomiste in Consiglio Valle dal 2008 al 2012, Leonardo La Torre, dovrà restituire alle casse dell’assise valdostana, per l’utilizzo indebito dei fondi destinati dall’amministrazione al funzionamento dei gruppi. Lo ha stabilito, con una sentenza depositata negli scorsi giorni, la prima sezione centrale d’appello della Corte dei conti.
Ai giudici del secondo grado contabile il politico si era rivolto, assieme all’allora collega Claudio Lavoyer (succedutogli nella carica, dal 2012 a fine legislatura), impugnando la sentenza del dicembre 2016 della Sezione giurisdizionale per la Valle d’Aosta, che aveva condannato i due a restituire alla Regione complessivi 96.602,00 euro.
Il ricorso degli ex consiglieri, mirato all’annullamento del verdetto, è stato tuttavia rigettato “Gli appellanti, cui incombeva il relativo onere, – si legge in sentenza – non hanno dimostrato l’utilizzo dei fondi in coerenza con le finalità per le quali sono stati erogati”. È stato invece accolto in parte quello incidentale, proposto dalla Procura regionale, che chiedeva di includere nel danno da rifondere anche una voce di spesa esclusa nella condanna aostana, relativa alla realizzazione del periodico “La Voix Autonomiste”.
Per il collegio giudicante “detto giornale è un organo di informazione politica del Movimento Autonomista dei Democratici Progressisti, per cui è corretto che la relativa spesa esuli dalla destinazione dei contributi previsti” per i gruppi. “Trattasi, perciò, – è la conclusione – di una significativa e ingiustificata contribuzione finanziaria pubblica”, andata “sostanzialmente a beneficio del Movimento politico quale unico operatore del giornale”.
La somma, valutata dalla Corte in 24mila euro (mille al mese, per gli anni 2010-2011) è stata interamente addebitata a La Torre, perché capogruppo in quel periodo. Relativamente alla posizione di Lavoyer, la sentenza di appello conferma la restituzione di quanto sancito dalla Sezione giurisdizionale valdostana, cioè 22.150 euro.
Nel loro ricorso (patrocinato dagli avvocati Fabrizio Callà e Chiara Romanelli), i due politici hanno evidenziato otto motivi di appello, ritenuti dai giudici una sostanziale riproposizione delle “medesime argomentazioni difensive svolte in primo grado”. Tra di esse, il fatto che la legge regionale “all’epoca vigente non contemplava alcun controllo sull’inerenza delle spese effettuate, né alcun obbligo di presentazione o di conservazione di documentazione a giustificazione delle stesse”.
Un tema difensivo respinto dalla sentenza contrapponendovi un richiamo all’aspetto centrale del giudizio, che “non concerne la regolarità dei rendiconti depositati dai gruppi consiliari, né le modalità formali di compilazione e presentazione delle note riepilogative delle spese”, bensì “la verifica dell’utilizzo dei fondi assegnati ai medesimi gruppi in coerenza con le loro finalità istituzionali”. Ne consegue che i capigruppo, “come pure i consiglieri”, soggiacciono “alla responsabilità amministrativo-contabile per il danno cagionato a seguito” dell’uso illecito dei contributi versati ai gruppi consiliari.