‘Un certo signor G.’ per rileggere, rivisitare e omaggiare Giorgio Gaber

Arriva al Teatro Giacosa di Aosta da martedì 3 febbraio 'Un certo signor G.'. Protagonista sul palco Neri Marcorè tra monologhi e canzoni che omaggiano e fanno rivivere l'indimenticabile Giorgio Gaber inventore del 'teatro canzone'.
Cultura
Quello che Neri Marcorè porterà il 3 e 4 febbraio sul palco del Teatro Giacosa di Aosta alle ore 21  è uno spettacolo ormai collaudato.
“Un certo signor G.” dall’opera dell’indimenticabile Giorgio Gaber e Sandro Luporini alterna canzoni e monologhi dove è racchiusa la storia di un uomo qualsiasi del nostro tempo, con le sue speranze, le sue delusioni, i piccoli o grandi drammi che incontra nella sua esistenza. Quest’uomo all’inizio fu proprio Gaber, che pensò questa pièce circa 40 anni fa. Da allora quel “signor G.” continua a rivivere nei teatri italiani con successo.
Questa volta attraverso il talento multiforme di Neri Marcorè che riporta in scena l’ironia e la grazia provocatoria di questo geniale libero pensatore cantante. Lo spettacolo diventa così il modo migliore, per chi ha conosciuto Gaber e per chi no, per rileggere, rivisitare, re-interpretare l’opera di quel grande e indimenticabile artista.
Il “nostro signor G” – dice Giorgio Gallione, il regista dello spettacolo prodotto dal Teatro dell’Archivolto – è un’esplorazione nel beffardo, paradossale, buffonesco mondo di questa maschera di uomo comune che si interroga, comicamente impotente, sul senso della propria vita, sempre sfiorata dal pericolo dell’imbecillità e del qualunquismo. Per questo ci siamo ispirati, riproponendole e rimontandole, alle prime esperienze teatrali di Gaber, quelle di Dialogo tra un impegnato e un non so, Far finta di essere sani, Anche per oggi non si vola, fino all’ultimo disco del 2003, rifacendoci sempre, anche stilisticamente, alle forme del “teatro canzone”, invenzione gaberiana continuamente perfezionata nel corso di vari spettacoli, geniale intreccio di monologhi e melologhi, musica e canzoni”.

L’idea – dice Marcorè è quella di riproporre i suoi monologhi, le sue canzoni, non di imitarlo, cosa, peraltro, impossibile, perché Gaber è inarrivabile. Lo spettacolo è costruito come un lungo omaggio, con gli argomenti divisi per capitoli, dalla nascita al rapporto uomo-donna, alla difficoltà di stare in questa società piena di incongruenze, alla voglia di cambiarla. Un’ora e mezza per riscoprire il suo mondo, il mondo di un artista che ci ha insegnato a pensare, a non fermarci all’apparenza”.

La scenografia è essenziale, è nera, con giornali incollati sui pannelli che finiranno poi stracciati. Gloria Clemente e Vicky Schaetzinger, accompagnano al pianoforte Neri Marcorè in una sorta di rilettura contemporanea del “pensiero – Gaber”.
C'è l'aria stralunata di Marcorè che sa cantare, alterna momenti di ilarità e forza comica sottile, ad altri più riflessivi. I giornali strappati cadono come siparietti, entra in scena un enorme topo totem, dall'alto scendono quadri di nuvole alla Magritte, la scena è rarefatta e Marcorè offre al pubblico un assolo alla chitarra che scalda gli animi e suscita un entusiasmo finale che gli vale un'ovazione.

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