Circa dodicimila chilometri ci separano dal grande deserto bianco dell’Antartide, pochi rispetto a quelli che ci dividono dalle remote profondità dell’universo. Per questo motivo la base italo-francese concordia, con sede presso Dome C, Polo sud, è stata scelta come ospite del progetto Irait/Itm: un innovativo e pionieristico telescopio robotizzato da 80 cm di apertura per osservazioni nell’infrarosso. Nato nel lontano 1994 dalla mente dell’astrofisico Paolo Maffei, è oggi guidato dalla Fondazione Clement Fillietroz il cui direttore Jean Marc Christille svolge il ruolo di Principal Investigator.
A rendere il continente antartico un punto di osservazione privilegiato sul cosmo sono le condizioni climatiche in cui versa. Temperature bassissime, umidità dell’aria praticamente inesistente e una lunga notte che dura quasi cinque mesi sono l’ideale per indagare il cielo ed i misteri dell’universo. Tuttavia sono innumerevoli le avversità che l’equipe di scienziati ha dovuto e deve affrontare per poter sfruttare nella maniera corretta un sito così estremo. Non solo i macchinari e le strutture devono essere progettati per lavorare a -90 gradi, ma bisogna anche preparare al meglio gli operatori: una commistione di alta ed avveniristica tecnologia con intenso allenamento e sforzo umano si trova alla base di questo grande progetto.
“Dome C è stato scelto come sito prediletto principalmente per le condizioni ambientali che offre. Ottimali per lavorare nello specchio dell’infrarosso. Ad oggi possiamo dire che è almeno 10 volte meglio del sito di Mauna Kea” dice Christille “anche se, ovviamente, ci pone in condizioni di difficoltà enormemente maggiori! Per intenderci, fare ricerca scientifica in Antartide non consente errori o imprevisti di alcun genere vista la lontananza con qualsiasi forma di civilizzazione. La rottura di un attrezzo o la malattia di uno scienziato comporterebbe gravi perdite di tempo e quindi di dati per le missioni”.
Per questo motivo l’equipe di scienziati ha deciso di smontare momentaneamente il telescopio e sottoporlo ad una grande opera di ammodernamento. In questo contesto Stefano Sartor, Tecnologo all’Osservatorio Astronomico della Regione autonoma Valle d’Aosta, si trova in missione in Antartide per i lavori di smontaggio del macchinario, il cui scopo è quello di compiere un upgrade delle componenti elettroniche, meccaniche e di software. In collegamento diretto dalla base di Dome C, Sartor si dice soddisfatto del lavoro svolto fino ad adesso. “Siamo anche in leggero anticipo sulla tabella di marcia. Sono contento ed orgoglioso dei risultati finora raggiunti. Non è per niente facile lavorare… quando sei fortunato puoi stare fuori al massimo un paio d’ore. Quando invece si alza il vento ogni cosa sembra impossibile, anche organizzarsi in piccoli turni diventa inutile.”
Non solo tecnologia e scienza, ma soprattutto capitale umano rendono possibili progetti di questa portata. In ambienti estremi, simili a quelli offerti dallo spazio, la pianificazione e la collaborazione diventano fondamentali: senza non si va da nessuna parte. Ecco il vero valore aggiunto che come suggerisce Jean Marc Christille è “un grande messaggio di solidarietà e fratellanza fra nazioni unite da un unico scopo comune: la scienza”.