Partire da zero nel mondo agricolo: Massimiliano Garin racconta la sua storia

Attorno ai 24 anni l’agricoltore di Gimillian lascia l’università per dedicarsi all’allevamento. La sua storia è la nuova puntata di “Le aziende di Coldiretti”.
Massimiliano Garin
Le aziende di Coldiretti

Spesso, nella rubrica “Le aziende di Coldiretti” le storie degli agricoltori valdostani raccontano di tradizioni di famiglia che si tramandano di generazione in generazione: non sono molti gli Under 30 che decidono di partire da zero ed avviare la propria azienda agricola per seguire un proprio sogno, una propria aspirazione nata dalla passione e dall’interesse e non dall’ambiente famigliare.

La storia di Massimiliano Garin è, invece, proprio questa. Ora di anni ne ha 37, ma quando decise di lasciare la facoltà di geologia all’Università di Torino per dedicarsi all’allevamento di bovine era il 2007 e lui, appena 24enne, scelse di infilarsi in una “giungla burocratica” durata tre anni prima di poter avere la sua azienda a Gimillian.

La storia ha origini lontane: “Come tutti i valdostani, all’epoca il mio trisnonno aveva le mucche, ma il mio bisnonno decise di non seguire questa strada. Venne diseredato e non gli lasciarono nessun bene agricolo”. Da piccolo Massimiliano, nella frazione di Montroz, tra Gimillian e Cogne, aveva un vicino di casa con le bovine e lui lo aiutava perché affascinato. Così, un po’ per gioco. Poi quel gioco è diventato passione: “Crescendo ho anche conosciuto da vicino le batailles des reines ed ho iniziato ad entrare nel mondo dell’allevamento sempre di più. Verso i 15-16 anni ho capito che sarebbe stata la mia strada. Mi sono comunque tenuto tutte le porte aperte: ho studiato al Liceo Scientifico ad Aosta e poi geologia a Torino, perché studiare serve sempre e mollare tutto a 18 anni è rischioso. Ho provato, ma non ero motivato, così un giorno ho deciso di lasciare l’università. Da lì ho preso un anno sabbatico, in cui mi sono dedicato molto allo sport, poi ho iniziato a lavorare con un mio amico qui a Gimillian”.

Per Massimiliano è stata una sorta di tirocinio per imparare sul campo il lavoro, capire se potesse fare per lui e confrontarsi con una vita dura, fatta di sacrifici. Lui non si è spaventato e, dopo due anni, ha preso in affitto una stalla con circa venti capi, dando il via al percorso che lo avrebbe portato ad avere la sua azienda.

L’inizio burocratico e quello pratico non coincidono”, racconta. “Partendo da zero, per accedere ai contributi ed avere l’autorizzazione a costruire l’iter è stato lungo: ho iniziato nel 2007 ed ho aperto nel 2010”. Tante cose, però, si sono incastrate nel modo giusto: il corso per giovani agricoltori, i contributi (“senza sovvenzioni è praticamente impossibile partire da zero”) e la scelta del terreno, in questo momento coperta dalla neve di Cogne.

La zona su cui sorge l’azienda Garin ha una storia particolare: “L’alluvione del 2000 aveva portato via il ruscello maestro per l’irrigazione di questi prati, quindi qui era tutto incolto. Il Consorzio per il miglioramento fondiario di Cogne ed il Comune avevano chiesto alla Regione di ripristinare l’area ma, non sorgendo nessuna azienda, non hanno accettato”. E qui spunta Massimiliano con la sua idea di costruire la sua azienda che, quindi, convince la Regione a fare i lavori di ripristino, anche se non è stato facile: “Per ottenere l’autorizzazione a costruire devi avere un certo numero di capi a nome tuo ed un certo numero di metri quadri di superficie. Ho affittato allora una ventina di ettari ed ho quindi avuto tutti i requisiti necessari”. Il tempo passa tra la stalla in affitto, aiutato dal padre, ed i lavori per rimettere a posto i terreni. “Concretamente in un anno abbiamo fatto tutto, anche perché la stalla ed il fienile sono prefabbricati”.

Ora Massimiliano Garin ha venti ettari di terreno ed una sessantina di capi, da cui ottiene il latte per fare fontina, tome, ricotte, formaggi freschi, yogurt e panne cotte insieme a Marta, la sua compagna. Il suo pezzo pregiato e più richiesto è il coquader, un formaggio molto saporito a pasta molle di forma quadrata, stagionato per 30-40 giorni: “Marta è di Milano, ha dato lei il nome, che significa “testa quadrata”. È ingegnera ma ha sempre avuto la passione per la natura e gli animali ed ha deciso di cambiare vita, stabilendosi qui. Oltre ai formaggi produce anche delle marmellate e delle composte grazie ai prodotti di un piccolo orticello che abbiamo”.

Il giovane cognein sente la mancanza di poter fare sport – “quest’anno sono andato a sciare una sola volta”, dice, “un po’ perché non ho il tempo, un po’ perché quando ce l’ho sono stanco e cerco di riposarmi” – ma il successo della sua azienda non glielo fa rimpiangere troppo: “C’è molto passaparola, soprattutto tra i turisti. D’estate vendiamo circa il 50% di tutta la nostra produzione”.

E qualche soddisfazione arriva anche dalle batailles des reines, con un terzo posto nella finale della regionale del 2010, ma per lui è un aspetto secondario: “Dedichiamo solo pochi capi ai combattimenti, perché se no ne risentiremmo dal punto di vista della produzione. Non bisogna farne una malattia, è fondamentale trovare il giusto equilibrio”.

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