Concorso Usl “taroccato”, il pm chiede sei condanne

Per il primario Livio Leo, presidente dell’allora commissione giudicatrice, la richiesta è di un anno di carcere. Otto mesi per gli altri imputati. Le accuse sono di abuso d’ufficio e rivelazione di segreto d’ufficio.
Ospedale Beauregard
Cronaca

Giunge alle battute finali il processo nei confronti di sei medici per abuso d’ufficio e rivelazione di segreto d’ufficio, nato dalle indagini su presunti illeciti nel concorso bandito dall’Usl della Valle d’Aosta nel 2017, per l’assunzione di quattro ginecologi. Oggi, giovedì 5 marzo, il pm Luca Ceccanti ha avanzato le sue richieste di pena al Gup Giuseppe Colazingari, quindi i difensori hanno tenuto le loro arringhe. L’udienza è stata rinviata al prossimo 7 maggio: per quel giorno, dopo le eventuali repliche e controrepliche delle parti, è attesa la sentenza.

Alla sbarra ci sono due componenti dell’allora commissione giudicatrice, il primario del reparto di ginecologia-ostetricia del “Beauregard”, Livio Leo (57 anni), che la presiedeva, e il medico Enrico Negrone (60), al tempo in servizio in Piemonte. Per il primo, l’accusa ha chiesto un anno di carcere, per il secondo otto mesi. Sempre otto mesi di reclusione sono la richiesta del pm nei confronti dei quattro candidati risultati idonei al termine della prima prova scritta, poi annullata dall’Usl, i medici Veronica Arfuso, Andrea Capuano, Francesca Deambrogio e Riccardo Fiorentino.

Tutti hanno scelto di essere giudicati con il rito abbreviato e l’azienda sanitaria si è costituita parte civile nel procedimento, rappresentata dall’avvocato Corinne Margueret. Nella discussione ha avanzato la richiesta di un risarcimento per danni patrimoniali di circa 3mila euro e d’immagine. In quest’ultimo caso, qualora venisse stabilita una provvisionale, la pretesa economica è di almeno 30mila euro. Il presunto danno patrimoniale si riferisce al costo del parere chiesto ad un avvocato (sulla base del quale l’Usl aveva poi annullato la prova scritta e la graduatoria) e ai compensi dei due commissari esterni individuati per il nuovo esame.

Le indagini, innescate da un esposto dell’allora assessore Emily Rini, erano state curate dal Gruppo Aosta della Guardia di finanza. Secondo gli inquirenti, il test era avvenuto tramite “quiz”, anziché con domande “aperte”, risultando così difforme alle norme in materia (cui si riferisce l’ipotesi di abuso d’ufficio) e la prova era stata preparata con ampio anticipo sulla data dell’esame, con i quattro concorrenti a conoscenza del suo contenuto (fatto che integra, agli occhi della Procura, la rivelazione del segreto d’ufficio).

A questa tesi la Procura era arrivata considerando, tra l’altro, la sostanziale identità dei voti riportati dai candidati, che Leo avrebbe inteso favorire anche per la provenienza professionale comune, in aziende sanitarie del novarese. Dalle investigazioni effettuate, uno dei quattro partecipanti risulta aver compiuto docenze sulle materie scelte dalla commissione per la prova orale (risultate riguardare tutte la stessa patologia, una complicanza del parto), mentre altri hanno all’attivo pubblicazioni scientifiche sugli stessi organi del primario.

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