Voglio presentare la mia semplice ed umile testimonianza su ciò che accade nella nostra scuola al tempo del Coronavirus.
Io rientro a scuola come insegnante di scuola dell’infanzia dopo 15 anni e 3 mesi di esperienza full time sul fronte sindacale. Rientrando a dicembre non ho la titolarità su classe, ma sono una risorsa a disposizione per supplenze e, a gennaio, dopo le vacanze natalizie, sostituisco una collega che deve astenersi obbligatoriamente dal lavoro. Accade così che mi vengano affidati due casi di sostegno su due scuole diverse (ovviamente nella medesima istituzione scolastica da cui sono amministrata).Io non sono specializzata su sostegno, anzi non ho mai prestato servizio come insegnante di sostegno nemmeno da precaria, ma, come sappiamo ormai tutti, siamo sprovvisti di personale insegnante specializzato sulla didattica speciale. Mi trovo così a lavorare con due bimbi che hanno il Piano educativo individualizzato, a confrontarmi con un mondo davvero “speciale”, con le operatrici dell’Ausl, con le insegnanti di sezione che accompagnano nel percorso i bambini ed anche me, con la dirigente scolastica che ci supporta e ci coadiuva.
E poi arriviamo a marzo e in un solito mercoledì pomeriggio di programmazione, alle ore 18.00, apprendiamo una notizia del tutto eccezionale: dal giorno dopo saremmo stati tutti a casa.
Ed è da qui che inizia quello che io non stento a chiamare miracolo…
Nei primi giorni siamo tutti spiazzati, increduli, sospesi…francamente non ci sembra di vivere il reale: magari è un sogno…un brutto sogno…in tv ci parlano di morti, malati gravi, mascherine, ossigeno, respiratori…
I nostri bimbi sono a casa con i genitori ed i primi giorni è come se fosse per loro una vacanza. Si godono la famiglia.
Intanto, noi prendiamo rapidamente coscienza che non si tratta di un sogno e nemmeno di una parentesi passeggera, per cui scatta il nostro piano d’azione. Cosa possiamo fare per i nostri alunni, che peraltro sono piccoli ed anche “speciali”?
La scuola attiva la didattica a distanza: certo ci si industria, ci si improvvisa, talvolta si disturbano le famiglie con audio e messaggi, ma teniamo caparbiamente legato il filo che ci lega a i bambini. Su Youtube, su internet le famiglie possono trovare tutorial, proposte di giochi, di mostre virtuali, di canzoni, ma il contatto umano, l’attenzione, la cura sono per noi fondamentali. E poi ci sono i bimbi “speciali”, affetti da disturbi e patologie per cui il Covid rende ancora tutto più difficile.
Ma la “rete”, quella umana, fatta di emozioni, di competenze, di cura c’è, si fa sentire, dialoga con me, (semplice insegnante arrugginita e non specializzata) e con le famiglie e così, insieme, le maestre di sezione, la dirigente, i rappresentanti di classe ed i genitori ci preoccupiamo di questi nostri bambini speciali.
La dirigente scolastica chiede a noi insegnanti di sostegno di rimodulare la programmazione, di sforzarci, di dare il massimo, di non scoraggiarci, di pensare a come star vicino ai bambini; l’ufficio scolastico per l’inclusione della Sovraintendenza agli studi crea una piattaforma per l a didattica speciale e l’inclusione che viene alimentata anche di sabato e di domenica, anche durante le festività; i genitori dei bimbi danno fiducia alla scuola, stringono i denti nell’emergenza e si affidano a noi. Anche la libraia ci aiuta: ci spedisce il materiale che abbiamo cercato; molto è rimasto a scuola e non possiamo entrare.
Certo facciamo pochino, non riusciamo ad essere incisivi come nella quotidianità a scuola, ma ci siamo, vogliamo esserci ad ogni costo, nonostante i mille dubbi metodologici, le frustrazioni dettate dalla distanza, vogliamo andare oltre lo schermo del computer e l’energia umana si fa sentire.
Le operatrici di sostegno sono rimaste con noi ed accanto a noi, sebbene fossero in cassa integrazione a 900 euro mensili lorde, ci sono alle riunione, nella progettazione, telefona ai bimbi, alle famiglie. Un’altra educatrice di sostegno mette a disposizione gratuitamente il suo Padlet creato con tanto lavoro: una lavagna virtuale da dove attingere materiali ed idee.
E poi le straordinarie operatrici dell’ASL che possono lavorare in telelavoro solo dal 15 aprile, ma che ci sono sempre state: attività condivise, attenzione e vicinanza alle famiglie, disponibilità incondizionata. Stanno studiando come fare per andare a domicilio a svolgere attività di logopedia e di psicomotricità. Cerchiamo insieme di immaginare come possiamo fare noi insegnanti per traghettare i bambini alla scuola che verrà…
Vi sembrerò retorica ma sono assolutamente sincera: per me, questo rete di protezione dispiegata con forza di volontà sotto i nostri bambini, soprattutto i più fragili, camminando come equilibristi su di un filo sottilissimo, è un esempio di comunità e capace e virtuosa. Sono orgogliosa di noi e della fiducia reciproca che ci siamo dati; sento che possiamo essere forza propulsiva per la ripresa.
Alessia Démé