“Ci restano sei anni e 287 giorni, e non potremo più evitare il collasso climatico”.
A scandirlo, oggi in piazza Chanoux, sono stati i ragazzi di Fridays for Future, tornati a chiedere alla politica di invertire la rotta prima che sia troppo tardi. Per farlo, hanno scelto la forma del Die-in, una morte simulata, sdraiati a terra, lasciando ai cartelli la spiegazione della causa: “Morto a causa di un’alluvione”, “Morto a causa di una valanga”, “Morto per mancanza di risorse idriche”, “Morto a causa di un incendio”.
“Con questo tasso di emissioni, nel 2100 – spiega al microfono Camilla Gazzola, tra le organizzatrici della manifestazione, che cita dati dell’Ipcc, l’Intergovernmental panel of climate change –, moriranno il 70% delle persone. ‘No more empty promises’, c’è un’ombra indelebile sui governi che non hanno fatto nulla”.
Le folle oceaniche delle prime manifestazioni sembrano lontane, complice anche l’emergenza sanitaria. O forse è cambiato qualcos’altro: “Perché oggi siamo così pochi – si chiede ancora Gazzola –? Non è una ‘moda che è passata’, mi sembra invece che le nuove generazioni si siano arrese. Noi non ci arrendiamo, siamo qui, rinunciando alla nostra istruzione. Abbiamo così tanta paura di questa pandemia, mentre lo scioglimento dei ghiacciai potrebbe liberare altri virus, inattivi da millenni. La richiesta di cambiamento da parte dei governi deve arrivare da tutti noi”.
Ad intervenire, in piazza, anche l’ex consigliere regionale Alessandro Bortot: “È brutto che oggi, qui, non ci sia neanche un pensionato. Oggi viviamo in un mondo usa e getta, con le mascherine usa e getta, il caffè nei bicchieri usa e getta”.