C’è anche un residente ad Aosta tra i cinquantasette arrestati nella maxi operazione della Guardia di finanza scattata tra Calabria, Sicilia, Piemonte, Puglia, Campania e Lombardia all’alba di ieri, martedì 14 ottobre, per smantellare una “ramificata organizzazione criminale transnazionale volta al traffico di stupefacenti, caratterizzata da marcati profili internazionali”. Si tratta di Francesco Cavarra, 61enne originario di San Pier Niceto (Messina), che si trova ora in carcere. Il blitz, condotto con l’impiego di oltre 400 militari dal Comando provinciale di Catanzaro e dal Servizio centrale investigazione criminalità organizzata, è stato coordinato dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, diretta da Giovanni Bombardieri.
“Neve” su buona parte d’Italia
Dalle indagini, avviate nel 2017, è emersa “l’esistenza di una agguerrita consorteria calabrese di stampo ‘ndranghetista, estremamente organizzata”, con il coinvolgimento nel traffico di “esponenti di spicco della ‘ndrina Pesce-Bellocco, riconducibili alle famiglie Cacciola-Certo-Pronestì” con base a Rosarno (Reggio Calabria). In particolare, l’associazione è risultata in grado di pianificare ingenti importazioni di cocaina (ma anche hashish e marijuana) da Olanda, Germania, Belgio e Spagna, piazzandola in buona parte delle regioni italiane ed anche all’estero (a Malta, via mare dalla Sicilia). Stando all’inchiesta, l’organizzazione era strutturata in sei articolazioni territoriali distinte, ma stabilmente collegate tra loro ed attive in maniera sinergica.
Il gruppo torinese
Una di queste, il “Gruppo Raso-Viola”, risultava attiva nel torinese e nel suo ambito è accusato di aver operato Cavarra. Per gli inquirenti, a capo della “cellula” c’era Vincenzo Raso, 40enne originario di Polistena, ma stabilitosi a Rivoli, dove gestiva una stazione di servizio. Finito in carcere anch’egli la scorsa notte, secondo la Dda reggina, “si occupava di rifornire” di droga “diversi soggetti dediti all’attività di cessione” al dettaglio in zona. Vista la “necessità di avere a disposizione sempre maggiori quantitativi”, – si legge nelle 671 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare del Gip del Tribunale di Reggio Calabria, Antonino Foti – Raso si rivolge ad un certo punto a Cavarra, “dimorante tra Aosta e la Spagna, con numerosi precedenti di polizia, molti dei quali per reati” riguardanti la normativa sugli stupefacenti.
L’“intermediario”
L’aostano, “agendo in qualità di partecipe dell’associazione”, avrebbe agito da intermediario per conto di Raso, “con coloro che erano stati individuati come fornitori-venditori nella penisola iberica”, oltre ad intrattenere contatti con altri sodali ed emissari del “nucleo torinese”. In particolare, i finanzieri hanno tracciato due spostamenti di Cavarra in Spagna, tra la fine di luglio e metà settembre del 2018, per trattare l’acquisto di due partite di “neve” (in un caso da un chilo, nell’altro, una quantità imprecisata, ma ritenuta comunque ingente).
Nel primo “viaggio”, i finanzieri lo intercettano mentre rassicura Raso che “si stava interessando per reperire altro stupefacente” e che gli avrebbe presentato “verosimilmente un soggetto di origine ispanica da individuarsi nel fornitore” (“quando viene lui … quando viene … quando vengo con il mio amico … tu vedrai che persona è … te lo può dire …compare qua in casa giochiamo … non abbiamo fatto le cose per la strada … qua eravamo al ristorante”). Le attività tecniche hanno anche svelato la propensione del gruppo ad utilizzare una terminologia legata al mondo edile. Così, Cavarra nel menzionare a Raso che lo avrebbe raggiunto in compagnia del fornitore dice: “la ditta… direttamente l’impresario… direttamente i lavori”.
In un’altra occasione, l’arrestato è stato registrato mentre affermava: “io scendo là direttamente con l’ingegnere come restammo…”, perché “questo qua è un imprenditore ricco… questo qua è un mio fratello, dove sono io in questo momento, a Murcia, lui va ogni settimana, dieci giorni e a posto…”. Il sodalizio tra i due, tuttavia, ad un certo punto va in crisi. Cavarra, dopo essere stato fermato da una pattuglia delle forze dell’ordine, non riesce più a contattare Raso (che ne era stato avvertito) e manda un messaggio sul cellulare di sua moglie. In cambio, riceve una telefonata in cui il presunto capo del gruppo torinese “lo apostrofava pesantemente riferendogli che non doveva più permettersi di fare una cosa del genere e che, nel caso l’avesse ripetuta, minacciandolo in perfetto stile mafioso”, lo “avrebbe raggiunto ad Aosta per fargliela pagare”.
Le sim tedesche
L’operazione è stata denominata “Crypto”, perché l’inchiesta ha restituito l’utilizzo, da parte della consorteria, di schede sim telefoniche tedesche, acquistate in Germania e intestate a soggetti di comodo, vale a dire senza intestatari (per rendere ancora più difficile l’identificazione di chi le usava), che da Rosarno comunicavano in maniera “citofonica” con gli altri cellulari di analoga numerazione sparsi sul territorio italiano. Assieme ai 57 arresti (ma gli indagati sono in tutto 93), i finanzieri hanno anche eseguito il sequestro preventivo d’urgenza di beni per un valore complessivo stimato in 3 milioni 767mila 400 euro.
Gli altri “tentacoli” dell’organizzazione
Oltre alla quella torinese, le altre articolazioni della “Spa del narcotraffico” sono state individuate nella zona di Cosenza e di Amantea, in Calabria (ricondotte alle ‘ndrine Gentile e Lanzino), nella città di Catania (legata, per gli investigatori, al clan Cappello) e a Siracusa, Benevento e Milano. Nel corso delle indagini, sono stati arrestati in flagranza di reato (da altri reparti delle “Fiamme Gialle”) dieci corrieri di droga e sequestrati circa 80 chili di cocaina, che sul mercato avrebbe fruttato all’organizzazione più di 4 milioni di euro. Oltre a quelli bloccati, dai monitoraggi svolti, gli inquirenti hanno determinato che, tra l’aprile e il novembre del 2018, il traffico ha visto il movimento di altri 140 chilogrammi di “neve”.