Un luogo per ricordare, un luogo a cui ritornare quando il vuoto lasciato da Claudio diventa troppo. Il bivacco, inaugurato sabato 9 ottobre nel vallone di Vertosan ad Avise, è nato (anche) con questo obiettivo. In un luogo quasi incontaminato, si erge elegante e proiettato verso il cielo e le vette, la stessa direzione verso cui andava sempre lo spirito di Claudio Brédy, politico ed ex sindaco di Gignod, mancato nel 2017 tra le montagne della Valnontey a Cogne.
A volere fortemente la struttura Carlo Perruquet e Sandro Sapia (presidente dell’ordine degli architetti valdostani n.d.r.), grandi amici di Claudio, e la sua famiglia, proprietaria del terreno su cui è stato installato il bivacco e che si è fatta carico dell’intero costo della struttura. Anche la fase progettuale ha ripercorso in qualche modo lo spirito cosmopolita e aperto verso il mondo che caratterizzava il 53enne di Gignod, come racconta Sandro Sapia, il quale ha in qualche modo ideato il concorso di idee che ha portato alla realizzazione della struttura: “Il vuoto che Claudio ha lasciato in me, nella sua famiglia e nei suoi amici era ed è tanto. Dopo il suo funerale, dopo aver visto tutta quella gente, ci siamo trovati con Carlo (Perruquet n.d.r.) e il disagio, l’emozione e quel senso di vuoto erano troppo, quindi ci siamo detti che dovevamo fare qualcosa. Ci abbiamo pensato a lungo e, nonostante ci rendiamo conto che non sia un’idea originale, volevamo che lui potesse continuare a vivere attraverso un bivacco. Ne abbiamo parlato con la famiglia e suo padre Bruno, non ha esitato nemmeno un minuto: ha declinato la nostra offerta di fare una colletta e da quel momento in poi ha sposato completamente la nostra idea, sostenendo inoltre tutti i costi”.
Sandro Sapia è visibilmente emozionato mentre racconta la genesi del progetto, così come è emozionato Carlo Perruquet quando il bivacco viene finalmente inaugurato con il taglio del nastro da parte di Francesca e Linda, le due figlie di Brédy. Il bivacco si trova appena sotto ai laghi di Dziule, un luogo strategico per diversi percorsi trail e skialp e, per questo motivo, di interesse non solo per il grande significato simbolico di ricordo, ma anche in chiave di sviluppo di un turismo sostenibile ed etico.
A spiegare la logistica e quello che il bivacco può rappresentare è stato sempre Sandro Sapia che, in maniera massiccia, ha contribuito al risultato finale: “C’è molta emozione nel raccontare questo progetto. Il bivacco è nato perché rispecchia Claudio, perché è un elemento di montagna, la montagna che con Claudio si viveva con più serenità. Avevamo bisogno di un luogo in cui riunirci e ritrovarci e anche Carlo aveva bisogno come me di qualcosa su cui concentrarsi e mettere le energie per ricordare Claudio. Doveva essere un bivacco condiviso, più coinvolgente, anche nella sua creazione, doveva seguire quella strada lì, la stessa che amava Claudio, quella della condivisione. L’idea che ci è venuta è stata quella di fare un concorso di progettazione: è uno strumento che ultimamente va molto nell’ambiente degli architetti ed era secondo noi l’idea più bella per permettere a tutti di esprimersi e poi votare attraverso una giuria il progetto più bello. Roberto Dini in quel momento era docente per un corso di specializzazione a Bologna e così lui mi ha chiesto di poter fare un’esercitazione su questo bivacco con i ragazzi che seguivano il corso. In questa scuola in cui Roberto era docente c’erano ragazzi da tutto il mondo a seguire i corsi e questo ha significato che ad esercitarsi alla progettazione del bivacco ci fossero idee e persone che arrivavano dall’Australia come dal Cile o da Israele, alcuni che non avevamo mai vissuto la montagna. Ci siamo incontrati, li abbiamo portati qui, abbiamo passato giorni in questo vallone bellissimo anche parlando di Claudio per far capire loro quale fosse lo spirito che doveva in qualche modo muovere il lavoro. Doveva essere una cosa pensata e studiata con tutti gli enti preposti, quindi CAI, Guide Alpine e Soprintendenza che ci hanno aiutato nella scelta del luogo e nella fattibilità”.
Claudio è tornato quindi in qualche modo a casa sua con questo bivacco, tornando in un luogo a lui molto familiare e dove la montagna può ancora essere vissuta in modo sincero, a una quota (2500m), che in molti possono raggiungere come punto di arrivo di una camminata o come punto di partenza per qualcosa di più. Un altro aspetto fondamentale è la facilità con cui il bivacco può essere smantellato in caso di bisogno, proprio per permettere alla struttura di essere il più sostenibile possibile. La costruzione, composta da 4 moduli, è stata assemblata sul posto, dopo le iniezioni e i carotaggi nel terreno, con una preparazione minuziosa per evitare troppe rotazioni con l’elicottero e per contenere i costi in soli 4 giorni di lavoro.
A vincere, tra diverse proposte, è stato il progetto di Skye Stourm e Chiara Tessarollo, il tandem italo-svizzero che ha presentato una struttura all’avanguardia, non solo con pannelli fotovoltaici, ma anche con un’ampia finestra che dà sullo splendido vallone e che ha anche una funzione di accumulo di calore ,fondamentale per il riscaldamento della struttura. La targa che, all’interno del bivacco, ricorda Claudio è solo un dettaglio, qui tutto racconta di lui e di come amava vivere la vita e la montagna: con libertà e condivisione, sempre curioso e pronto a scoprire nuovi mondi.