Guida alpina morta in parapendio, la Procura chiede l’archiviazione

Non sono emerse, per la morte di Philippe Favre, 41enne che perse la vita lo scorso 24 marzo sulle alture di Sarre, responsabilità di terzi. Sull’incidente era stata assegnata anche una consulenza tecnica.
Philippe Favre
Cronaca

Non sono emerse, dagli accertamenti effettuati (anche con l’attribuzione di una consulenza tecnica), responsabilità di terzi sulla morte di Philippe Favre, la guida alpina che perse la vita precipitando in parapendio lo scorso 24 marzo. Per questo, la Procura della Repubblica ha chiesto al Gip del Tribunale di archiviare il fascicolo aperto, per l’ipotesi di omicidio colposo, all’indomani dell’incidente.

Il 41enne, figlio di Renato Favre (già assessore ed oggi vicepresidente del Consiglio comunale di Aosta), era caduto al suolo poco più in alto delle case del villaggio di Thouraz, a circa 1.600 metri di altitudine. La zona dell’incidente non è lontana della radura in cui i praticanti della disciplina si lanciano. L’allarme per l’incidente era scattato poco dopo mezzogiorno e sul posto era giunto l’elicottero della Protezione civile, con il medico rianimatore a bordo, ma per Favre non c’era stato nulla da fare.

Oltre alla consulenza, per approfondire più aspetti dell’incidente, la Procura aveva disposto anche l’autopsia della vittima e sequestrato le vele utilizzate per quel volo. La volontà era capire se Favre non fosse riuscito – dopo l’improvvisa chiusura del parapendio, restituita dai primi accertamenti – ad aprire quella d’emergenza, o se la manovra non fosse riuscita per un malfunzionamento. Dalle indagini (il fasciolo era affidato al pm Manlio D’Ambrosi) non sono emersi problemi con il parapendio.

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