Sono in tutto 110 i detenuti custoditi all’interno del carcere di Brissogne per aver commesso reati più o meno gravi. Di questi, più del 60% è composto da individui di cittadinanza straniera, alcuni dei quali regolari e altri invece privi di appositi permessi e certificazioni di soggiorno italiano.
Nonostante la varietà dei suoi ospiti – a oggi circa uno per camera di pernottamento o detenzione -, il plesso detentivo è in grado di avviare e portare avanti una serie di progetti sociali e proposte educative atti a garantire ai propri carcerati un futuro reinserimento lavorativo ed esistenziale maggiormente agevole.
“Restituzione”
Brissogne ha dimostrato negli anni e perdura nel dimostrare tuttora un avanguardismo che lo spinge a volersi non soltanto adattare alla modernità quanto a struttura e suoi impianti ma anche prodigare per gestire i propri detenuti tramite metodologie di trattamento che passino attraverso coscienza e rispetto.
“Abbiamo da poco scelto di sopprimere temporaneamente l’attività di alcune aree del polo al fine di sottoporle a interventi di manutenzione ed efficientamento energetico – spiega la direttrice della casa circondariale, Antonella Giordano -. In una ottica che guarda alla pena quale occasione di restituzione, non manchiamo peraltro di proporre iniziative che favoriscano una successiva e proficua ripartenza sociale e professionale del singolo”.
Progettualità
All’interno della casa circondariale valdostana è in aggiunta presente una piccola colonia di felini tuttora in crescita, monitorata con attenzione dai professionisti competenti dell’Azienda Usl della regione e quotidianamente curata da alcuni dei suoi ospiti.
“Tale proposta prossima alla pet therapy è in qualche modo in grado di sensibilizzare la persona circa l’importanza di elementi quali la presenza fisica e la vicinanza emotiva nella relazione detentiva e individuale – continua Giordano -. Come struttura manteniamo attivi numerosi progetti di stampo lavorativo quali una lavanderia interna con tre impiegati in collaborazione con la cooperativa sociale “Les jeunes relieurs” e una produzione di pane e biscotti con dieci assunti scherzosamente denominata “Brutti e buoni””.
Volontariato
Grazie al sostegno tecnico e al supporto concreto dei volontari dell’”Associazione valdostana volontariato carcerario onlus”, il plesso di Brissogne propone una serie di attività collaterali potenzialmente utili ai suoi ospiti.
“A partecipare a tali iniziative sono soprattutto quei detenuti presenti in loro per reati comuni nonché i cosiddetti collaboratori di giustizia – specifica l’addetto dell’area educativa Giuseppe Porta -. Esse riguardano tematiche e ambiti il più possibile variegati tra i quali la coltivazione dello zafferano, l’apicoltura, l’arte terapia, i corsi di cucito, le lezioni di falegnameria e la stesura di un giornalino”.
Formazione
In stretto partenariato con la cooperativa sociale ed ente di formazione accreditato “En.A.I.P VdA”, il carcere nostrano organizza anche programmi periodici destinati a italiani e stranieri in situazione di legalità residenziale.
“Si tratta in ogni casistica di corsi riconosciuti a livello europeo che permettono al singolo un rientro sociale e lavorativo pienamente qualificato – racconta ancora Porta -. Oltre a professioni nei campi di edilizia, cura del verde e manutenzione varia, siamo in procinto di lanciare altri programmi per cuochi, sous-chef, addetti cucina, barbieri e parrucchieri potenzialmente utili sia internamente che esternamente il plesso”.
Cambiamenti e pandemia
Educatore dal 1986, Porta ha potuto assistere e vivere le varie e molteplici fasi di crescita ed evoluzione della casa circondariale di Brissogne, del tutto parallele ai mutamenti registrati invece a livello di società.
“Dopo la smilitarizzazione della polizia penitenziaria e la conseguente nuova organizzazione cui il sistema è stato sottoposto, la trasformazione più emblematica si è verificata nell’ambito dell’immigrazione, con una drastica variazione della nazionalità dei migranti da magrebina ad albanese e sino all’attuale africana – precisa l’uomo -. Tale estraneità alla cultura italiana provoca inevitabilmente problemi di alfabetizzazione e conoscenza della nostra lingua che costringono molti detenuti a posizioni disperate di assenza di impiego fisso e illegalità”.
Nemmeno la comune pandemia ha saputo risparmiare il polo detentivo, obbligandolo peraltro a compiere elevati e pesanti sforzi nella direzione del contenimento di un contagio prettamente proveniente dall’esterno dell’edificio.
“L’attenzione, nei due anni passati, è stata davvero tanta nell’effettuare tamponi preventivi e screening finalizzati al reinserimento dei malati nel gruppo carcerario – conclude Porta -. Tre sono le aree Covid ritagliate all’interno del plesso, ovverosia quella di isolamento, quella di osservazione, quella dedicata alla quarantena e la sezione dei dimessi, nella quale speriamo presto di poter riuscire a collocare nuovamente i sei ospiti a oggi affetti dalla nuova e più attuale ondata”.