Si è chiuso oggi, venerdì 7 luglio, con una condanna a 2 anni e 2 mesi di reclusione, inflitta dal giudice monocratico Marco Tornatore, il processo ad un 31enne marocchino, accusato di maltrattamenti in famiglia e lesioni aggravate nei confronti dell’allora moglie, connazionale e con un anno in più di lui. Per i fatti, che risalgono all’inizio di quest’anno, il pm Manlio D’Ambrosi aveva invocato una pena di 3 anni e 3 mesi di carcere.
Da quanto è stato ricostruito nelle indagini, la coppia si era sposata in Marocco, attraverso un matrimonio combinato tra parenti (i due sono cugini). All’inizio di quest’anno, gli sposi si trasferiscono in Valle, dove l’uomo era già stabilito per lavoro e dove vivono anche le sorelle di lui. Da quel momento, secondo gli accertamenti della Polizia, lui si inizia a manifestare violento e soverchiante.
Le angherie cui sottopone la moglie, nella tesi della Procura, includono costringerla a recarsi nella casa delle sorelle, affinché pulisca e cucini per tutti, così da non uscire quando il marito è assente e non “distrarsi”. L’episodio scatenante, è emerso nel giudizio, arriva però poco dopo l’inizio della convivenza, quando l’uomo, trovato un capello in un piatto cucinato dalla moglie, la colpisce con uno schiaffo davanti all’intera famiglia.
Per lei, il punto di svolta nel quale trova il coraggio di ribellarsi alla situazione: tempo dopo, approfittando dell’assenza delle cognate, esce di casa e svela la sua condizione a degli operai intenti in lavori poco lontano. Viene chiamata la Volante, che registra la querela e scattano gli accertamenti. La donna viene condotta in una residenza protetta e nei confronti dell’imputato è spiccata la misura cautelare del divieto di avvicinamento.
Nelle udienze del processo, è stato sentito lui, assistito dall’avvocato Liala Todde, che ha respinto ogni addebito, sottolineando il sentimento che lo legava alla donna. Altri gruppi di testimoni, sorelle dell’imputato e persone vicine alla consorte, hanno fornito versioni diametralmente opposte. Stamane, la discussione tra le parti e la sentenza, letta dopo la Camera di Consiglio.