“Anche io sarei potuta essere Giulia” perché la violenza sulle donne è un problema di tutti e di tutti i giorni

"Ero giovane come Giulia. Avevo chiuso una storia come Giulia”. In quante ci siamo sentite in pericolo nella nostra relazione con un uomo? Per raccontare queste storie abbiamo chiesto alle nostre lettrici – ispirandoci ad un’idea di Erica Motta - di condividere le loro esperienze con noi, in forma anonima.
Manifestazione contro la violenza sulle donne
Cultura

C’è stato un momento in cui sarei potuta essere Giulia. Ero giovane come Giulia. Avevo chiuso una storia come Giulia” (testimonianza 1). In quante ci siamo sentite in pericolo nella nostra relazione con un uomo? Chi non ha almeno un’amica in una relazione tossica? Sembra impossibile, ma tantissime donne conoscono almeno una storia – più o meno grave – di violenza, catcalling, palpeggiamenti, molestie o peggio. Non importa l’età o il carattere, quanto o come una persona si vesta, siamo tutte piene di queste storie, la differenza con quella di Giulia è che noi siamo ancora qui per raccontarle.

Ma perché è così importante parlarne? Queste sono storie comuni, racconti e testimonianze di donne che vivono la loro vita nonostante la violenza, donne normali con lavori e vite normali. Persone con famiglia, fidanzati o mariti, persone che – per quanto la violenza da loro subita rappresenti un trauma – sanno benissimo che “non tutti gli uomini” sono violenti, ma quelli che lo sono esistono e spesso appaiono innocui, confondendosi tra tutti gli altri.

Per raccontare queste storie abbiamo chiesto alle nostre lettrici – ispirandoci ad un’idea di Erica Motta – di condividere le loro esperienze di violenza. Attraverso una storia pubblicata sul nostro Instagram abbiamo fatto un appello e abbiamo ricevuto cinque risposte, poi ricondivise sulle nostre storie in modo assolutamente anonimo. Prima di condividere le loro storie, vogliamo innanzi tutto ringraziarle per la fiducia e per il coraggio, perché queste sono storie di traumi, estremamente personali e delicate.

Violenza sulle donne - storia Instagram
Violenza sulle donne – storia Instagram

Perché raccontare queste storie?

In tutte e cinque le testimonianze raccolte è emerso che le vittime conoscessero il proprio aggressore. Chi come partner e chi in modo più superficiale, ma li conoscevano di persona. Nella maggioranza dei casi, infatti, le violenze avvengono tra le mura domestiche e all’interno delle relazioni sentimentali, ma è anche molto frequente che l’uomo sfrutti la propria professionalità o quella della vittima per iniziare il contatto in modo innocuo e poi alimentare la propria ossessione.

Continuavo a vedere il mio ex, che da parte sua appariva ovunque nel mio quotidiano, che da parte sua continuava a mandarmi messaggi deliranti, che da parte sua non accettava la fine della storia”.

Un uomo – che mi conosce per via del mio lavoro – inizia a scrivermi: fa i complimenti e mi chiede un appuntamento. Io declino gentilmente. Non lo accetta: continua a scrivermi, mi manda regali (che non accetto), li manda addirittura a casa mia” – testimonianza 2.

15 anni. Settimana bianca delle scuole superiori. Una sera, durante una partita ad un gioco da tavolo, un professore inizia a farmi i complimenti e le prime avances. Con la scusa di guardarmi l’orologio, ad esempio, mi accarezza il braccio. Non riesco a reagire. Sono una bambina” – testimonianza 4.

Il rischio è sempre quello di minimizzare situazioni che all’apparenza possono sembrare assolutamente normali – e quale violento trarrebbe vantaggio dal mettere alla luce del sole i propri atteggiamenti tossici? – ma che in realtà nascondono ossessioni e comportamenti molto pericolosi.

Per questo motivo è fondamentale raccontare le storie di violenze e abusi, senza giudizio e senza censure: le vittime hanno così la possibilità di togliersi quel peso, quella vergogna culturale e insensata che le donne si portano addosso nei casi di violenza sessuale. Ma condividere i racconti è anche un modo per rendere evidente la prevalenza di queste situazioni, a prescindere dal contesto, dalla persona e dagli stereotipi culturali.

Parlarne non basta: che cosa possono fare gli uomini?

Gli uomini violenti si nascondono perfettamente in mezzo agli altri, si mimetizzano e questo ambiente “protetto” in cui la violenza contro le donne è tabù oppure ancora peggio “non esiste” li aiuta. Li aiuta a non farsi troppe domande, li aiuta a non mettersi in discussione, li aiuta a continuare a comportarsi sempre nello stesso modo giustificando le loro azioni dietro alla vergogna e allo stigma che opprime le vittime, perché se nessuno ne parla, se si continua a negare l’evidenza, va tutto bene.

Un amore immenso, un amore malato. Cominciano i litigi, le botte, sapevo che era sbagliato ma non volevo perderlo. Mi ha allontanata da tutto. Ho sofferto in modo incredibile, fisicamente e mentalmente, poi quando ho toccato il fondo, ho avuto la forza di chiudere, sono diventata forte altrimenti mi avrebbe fatto fuori lui!” – testimonianza 3

“La rabbia che mi rimane dentro è che questo professore era noto per provarci con le ragazzine e nessuno si è mai preoccupato di allontanarlo da un ambiente a prevalenza femminile” – testimonianza 4

Una sera lui si arrabbia e mi dice “si ma io sono venuto a trovarti e tu non vuoi neanche fare sesso con il tuo ragazzo”. Mi fa sentire in colpa, lo facciamo nonostante stessi morendo dentro e fosse l’ultima cosa che volevo” – testimonianza 5

Tutti abbiamo il potere di cambiare le cose, e questo non dipende dal genere di appartenenza, dalla nostra educazione o dalla cultura con cui siamo cresciuti: ma da quanto siamo disposti ad ascoltare e a metterci in discussione.

Le denunce e i numeri della violenza sulle donne

Nel 2023 in Valle d’Aosta (dati aggiornati al 31 agosto), i casi di violenza contro le donne registrati al Pronto soccorso dell’ospedale “Parini” di Aosta, sono 250 circa. 200 sono donne italiane, 17 extra europee e 10 europee. 82 casi sono avvenuti in ambiente domestico, 80 in strada ed i restanti in ambiente lavorativo o esercizi pubblici. Nel 2022 se ne erano registrati 151. 

Ma, secondo l’Usl della Valle d’Aosta, l’incremento delle denunce è in parte reale, ma in parte dovuto, da un lato ad un aumentato numero di donne che trovano il coraggio di denunciare, dall’altro dalla maggiore consapevolezza del personale, sensibilizzato e aggiornato con corsi di formazione specifici.

Nelle testimonianze si legge ancora una forte reticenza alla denuncia di queste violenze, tant’è vero che solo una donna dichiara di averlo fatto: “A me è andata bene, dopo anni dalla chiusura di quella storia ho paventato un esposto alle forze dell’ordine e finalmente si è interrotto tutto” (testimonianza 1), il tutto dopo anni di stalking in cui la vittima stessa racconta di aver in qualche modo sopportato la situazione. Le altre donne, invece, non hanno denunciato il proprio aggressore, stalker o ex partner per le violenze subite.

Ho salvato screen shot e chat dei suoi messaggi. L’ho fatto perché temo che debba arrivare a denunciare (e sono consapevole che avrei già dovuto farlo). Ma ad oggi non ho sono mai entrata in caserma. Questa è violenza. Sono sincera, se lo facessi non mi sentirei al sicuro. Non sarei creduta. Ho già tante battaglie da combattere. Non riuscirei a sopportare l’umiliazione di non essere creduta” (testimonianza 2). Come si legge nel racconto, uno dei motivi per cui è così difficile denunciare è legato da una parte allo stigma della vittima, la paura di non essere creduta o ascoltata, dall’altra al pericolo che si può correre nel caso il denunciato lo venisse a sapere.

I dati mostrano l’emergere lento, ma fortunatamente progressivo, di un sommerso di situazioni di violenza contro le donne. Un fenomeno in crescita per via – anche – delle formazioni specifiche per gli operatori volti a rendere più facile e meno rischioso il procedimento. La chiave di questo cambiamento, quindi, è proprio l’educazione.

2 risposte

  1. Perchè non raccontate anche la storia di uomini maltrattanti? Non se ne può più dei racconti a senso unico!

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