Quando ci passi in auto, spesso è sulla strada delle vacanze estive. In quel viaggio, il climatizzatore lavora a manetta, vista la temperatura già alta dell’aria, all’esterno. Nel pomeriggio di oggi, martedì 13 dicembre, con la neve che cade sulla piazzola d’ingresso e il massiccio del Monte Bianco avvolto dalle nuvole, semplicemente non ti aspetti che, una volta sceso dal van addentratosi nel tunnel del Monte Bianco chiuso al traffico dallo scorso 16 ottobre, a darti il benvenuto ci siano una ventina di gradi. Inframezzati da una discreta corrente nella galleria, ma l’effetto finale è che l’aria ti spinge il calore sul volto.
In verità, il cambiamento climatico stavolta effettivamente non c’entra. Accade per gli ultimi lavori in corso, prima della riapertura di dopodomani, venerdì 15 alle ore 16. Riguardano le asfaltature della soletta sostituita perché degradata (circa 250 metri). Siamo dalle parti del rifugio 24 (nel tunnel il riferimento non è chilometrico, ma legato alle 36 piazzole e aree di riparo lungo la galleria), ancora in territorio italiano, ma non lontani dal confine. Operai e mezzi occupano in prevalenza una corsia, perché l’altra viene lasciata libera per il passaggio.
Si apre in anticipo…
Si tratta, appunto, degli ultimi “ritocchi”. Il bitume posato da poco viene allineato al tratto già steso. Dopodiché, lasciando alcune ore per l’assestamento, domani potrà essere tracciata la segnaletica orizzontale. In realtà, la soddisfazione del direttore gerente del Geie-TMB, Riccardo Rigacci, il raggruppamento d’interesse economico tra le due società concessionarie del tunnel, non è solo per i semafori che torneranno verdi con tre giorni di anticipo sui programmi (la previsione iniziale era di riaprire lunedì 18 alle 22).
“Questo intervento – spiega – fa parte di un lavoro che prevedeva tre anni di impegni. in realtà, attraverso questa chiusura siamo andati un pochino più veloci e il lavoro verrà contenuto in due anni: questo e il prossimo”. Se l’asfalto fresco costringe a camminare rigorosamente sul marciapiede a bordo della carreggiata, per cogliere l’altra opera completata in questo bimestre di stop è sufficiente alzare la testa, verso il punto più alto della volta (e l’ampiezza della galleria è l’altro aspetto che non si percepisce transitando in auto, quando si guarda solo davanti e negli specchietti).
La sostituzione dei ventilatori
Ad occhio, appaiono due enormi cilindri metallici paralleli, come due batterie all’interno di un elettrodomestico. La loro funzione, per il traforo, è altrettanto vitale. Sono una coppia dei 76 ventilatori posti nel tunnel. Se tutto va bene e la circolazione è regolare, servono ad immettere aria fresca dall’esterno. Se un incendio dovesse interessare un mezzo, allora creano ventilazione sul punto delle fiamme, con aspirazione dei fumi lungo il resto della struttura. Lo scambio tra le due modalità, in caso di urgenza, deve avvenire entro 4 minuti.
“Sono stati completamente sostituiti con dei nuovi ventilatori più performanti. – aggiunge Rigacci – Abbiamo una capacità di potenza superiore del 30% rispetto a quelli precedenti, che comunque erano già efficienti”. La sensazione, oltre all’effetto inconsueto del trovarsi a camminare in un luogo ove normalmente è vietato, è di un’attività a ciclo praticamente continuo, ma ascoltando il Direttore si scopre che “abbiamo dovuto gestire la co-attività di 45 imprese e dei momenti in cui eravamo presenti con più di 150 operai contemporaneamente”.
Il futuro? Spazio alle analisi
Dentro il traforo, il ragionamento non può che essere tecnico. La politica si fa in altre stanze, indossando completi eleganti e non tute ad alta visibilità e caschi protettivi. Da quei palazzi, però, si guardava a questa chiusura con particolare attenzione. Era considerata, infatti, un test, per definitre la calendarizzazione futura dei lavori (gli interventi, secondo le prime stime, dovrebbero protrarsi per 18 anni), oltre che per studiare l’impatto socio-economico del fermo totale (però questa partita non si gioca dentro la galleria).
Rigacci, da tecnico di lungo corso del mondo autostradale (nel suo cv ci sono la Tangenziale di Napoli, la direzione del tronco di Genova e il coordinamento della manutenzioni della rete di Autostrade per l’Italia), al riguardo non si sbilancia. Però, ricordando che si è trattato del più lungo periodo di chiusura per lavori dopo l’incendio del 1999, mette l’accento su “un’esperienza assolutamente utile”.
Quindi, “faremo le analisi per vedere di essere ancora più efficienti e ottimizzare ancora di più le lavorazioni che saranno necessarie in futuro e per le quali occorrerà chiudere”. Il riferimento è, in particolare, alla demolizione e rifacimento della volta. L’obiettivo è il “miglioramento della struttura, in un’ottica del suo servizio anche oltre il limite concessorio, fissato per il 2050”.
Rifare la volta
Era programmata per quest’anno poi “le vicende della Val Maurienne (la frana sul versante francese del Fréjus, ndr.), che hanno costretto la deviazione del traffico sul Monte Bianco, hanno indotto le autorità a rinviarla all’anno prossimo”. In calendario ci sono due tratti di circa 300 metri, intanto sono stati piazzati 1.150 elementi di ancoraggio provvisorio, in chiave propedeutica. Poi, già che il traforo si è fermato, “abbiamo fatto altre lavorazioni di controllo, di ispezione, di sostituzione impianti, di sostituzione della rete informatica”.
Migliorie anche all’esterno
Inoltre, spazio anche a “dei cantieri all’esterno, tra cui spicca la prima fase di un lavoro di allargamento della rampa in direzione di uscita sul lato italiano”. Vi chiedete, a questo punto, “quanto fa”, in tutto? “Solo in questo periodo di chiusura sono stati messi in opera circa 20 milioni di euro di investimenti” e, per l’anno prossimo, l’impegno delle due concessionarie, insieme al Geie-TMB, è previsto “con valori analoghi, anzi direi superiori”, è la precisazione del Direttore.
E’ quasi ora di risalire sul van, per tornare sul piazzale italiano del tunnel. C’è però ancora spazio per una riflessione sull’ambiente. “Chiaramente la chiusura ha un impatto sul sistema viario italiano e francese. Attualmente, attraverso le Alpi si passa solo dal Fréjus. – ammette Rigacci – D’altronde, l’esecuzione di questi lavori, per le caratteristiche geometriche del traforo, richiede la chiusura. Il nostro impegno è cercare di tenere più contenuto possibile le durate di queste chiusure.
Lunedì 18, stop di 5 ore
All’imbocco sud del tunnel, ci sono solo mezzi di servizio e lavoro. Da venerdì pomeriggio, il panorama tornerà molto diverso. Anche se lunedì 18 dicembre, dalle 17 alle 22, le sbarre scenderanno di nuovo, per consentire la ventesima esercitazione d’emergenza binazionale. E’ organizzata dalla prefettura francese e dagli omologhi servizi regionali. Era prevista come ultimo atto della chiusura pianificata in origine. Diventava difficile anticipare anch’essa, spiegano negli uffici del tunnel, visti gli oltre 200 operatori coinvolti. La soddisfazione per aver “liberato” un weekend in cui il traforo non doveva essere disponibile, però, supera il pensiero del prossimo nuovo disagio.