Il valdostano Jean-Claude Chincheré a Beirut: “Preoccupati per l’escalation. Seguiamo l’evolversi della situazione”

Il valdostano si trova ora vicino a Beirut assieme alla moglie e al figlio piccolo. Il 3 agosto ha il volo di rientro per l'Italia. "“Stiamo seguendo ora dopo ora l’evolversi della situazione per cercare di capire se riusciremo a rientrare. Molti voli sono stati cancellati o spostati".
Jean Claude Chincheré
Cronaca

“Invitiamo tutti gli italiani che sono in Libano alla massima prudenza, chi può rientrare in Italia lo faccia“. Questo l’appello del Ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ai nostri connazionali presenti nel paese, dopo l’attacco di ieri dell’esercito israeliano a Da’aheh, il quartiere a sud di Beirut dove sarebbe rimasto ucciso Muhsin Shukr, conosciuto anche come Fuad Shukr, alto funzionario di Hezbollah. L’uomo è ritenuto responsabile dell’uccisione del 27 luglio scorso di 12 bambini e ragazzi a Majdal Shams, una cittadina sulle alture del Golan, territorio conteso ma controllato da decenni da Israele.
Jean-Claude Chincheré, fotografo valdostano, si trova da circa un mese nel paese del Medio Oriente, arrivato con la moglie libanese e il figlio di pochi mesi per visitare la famiglia di lei.

Beirut vista da Rabieh
Beirut vista da Rabieh

“Sono a Rabieh a 15 minuti da Beirut, in una zona abbastanza tranquilla a maggioranza cristiana. Le rappresaglie sono avvenute in un quartiere a maggioranza sciita” racconta. “Da qui vediamo tutta Beirut, ma ieri non abbiamo sentito le esplosioni”.

Il volo per l’Italia è prenotato per il 3 agosto. “Stiamo seguendo ora dopo ora l’evolversi della situazione per cercare di capire se riusciremo a rientrare. Purtroppo non riuscivamo a farlo prima perché mia moglie doveva rinnovare il passaporto. Molti voli in queste ore sono stati cancellati e altri spostati, per questo monitoriamo la situazione, anche perché l’aeroporto, l’unico presente, è controllato dagli Hezbollah”.

La preoccupazione del valdostano e della sua famiglia è accresciuta anche da un dato ricorrente. “Ho sempre frequentato il Libano per reportage fotografici anche prima di conoscere mia moglie. In tutti questi anni ci sono sempre stati dei problemi, soprattutto d’estate. Ad esempio l’ultima invasione del 2006 è avvenuta in questo periodo. C’è sempre, quindi, questo timore che possa succedere qualcosa. Dal 27 luglio scorso abbiamo poi assistito ad una escalation. C’era quindi il sentore che qualcosa potesse succedere, ma dall’ottobre scorso tutto era concentrato nel sud risparmiando la capitale”.

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