La notte tra sabato 11 novembre 2023 e domenica 12 la camera di Giulia era ancora vuota. “Ma a un adulto di 22 anni coscienzioso e bravo come lo era Giulia si può permettere tutto”, considera Gino Cecchettin, rivolto all’attento pubblico in Piazza d’Armi, al Forte di Bard. La mattina dopo la porta della sua cameretta era aperta allo stesso modo, suscitando nel padre l’ipotesi che la figlia fosse andata a ballare e avesse dormito da un’amica. Durante il corso della giornata l’ansia aumentava, “fino a culminare in qualcosa che da papà ho iniziato a intuire” si rammarica Gino. “Sono arrivato a sperare in un incidente: un paradosso considerare come opzione positiva il fatto che il proprio figlio possa aver subito un incidente”. Il giorno prima Giulia era stata vittima di Filippo, l’ex fidanzato.
Come racconta in una parte del libro, Gino ricorda bene l’angosciante giornata di domenica, ma non il giorno precedente. “Solo con quello che è successo dopo ho cercato di ricordare il più possibile: cosa ci eravamo detti io e Giulia, come era vestita, cosa aveva mangiato a pranzo. Sono dettagli a cui non avevo prestato attenzione perché stavamo vivendo in una condizione di assoluta normalità” giustifica. “Quella è diventata una giornata funesta ma importantissima, perché è stato l’ultimo giorno in cui ho visto mia figlia”.
A partire da questa cognizione, il padre ha riflettuto su quanto nelle situazioni quotidiane in cui non c’è allerta si tenda a vivere “col pilota automatico”, senza fissare nella memoria le sfumature delle vicissitudini: cosa che da quel giorno lui si impegna a fare, con la prova che immancabilmente qualcosa potrebbe sfuggire.
Da quel giorno, ad esempio, ogni mattina, mentre il figlio Davide si gode i dieci minuti di relax prima di andare a scuola, “mi siedo davanti a lui e me lo guardo, fissando quel momento” descrive Gino.
Riguardo alla sua quotidianità dopo il lutto, Cecchettin racconta che “è strana e faticosa”, in quanto accanto al dolore e ai costrutti sociali “c’è una voce razionale che mi spinge a voler vivere come ho sempre vissuto. Io ho continuato a ballare, perché è stata Giulia a rifarmi ballare dopo la perdita di mia moglie. Perché dovremmo vivere in una condizione di non felicità in modo negativo e passivo?”.
La decisione di scrivere un libro e la genuinità di Giulia
Il libro, intitolato “Cara Giulia. Quello che ho imparato da mia figlia”, è stato pubblicato il 5 marzo 2024.
Si sviluppa come una lunga lettera rivolta a Giulia; è un modo per il padre di “farla rivivere” e ricordarne più dettagli possibili.
Il libro rappresenta per lui un regalo dedicato alla figlia, ragione per cui Cecchettin non riesce e non fa il firmacopie. Visto che si tratta di un regalo, “ho deciso di metterci solo del bello, quindi Filippo non appartiene a questo mondo, anzi, è quello che il bello me l’ha tolto”. Per questo motivo il nome del carnefice non compare mai nel libro, e non gli viene dato spazio nemmeno durante l’incontro, sviluppato come una riflessione lucida, profonda e centrata su Giulia, senza nessuna nota di rancore.
“Continuo a pensare che per me sarà difficile perdonare” ammette comunque Cecchettin “Ma visto che sono riuscito a togliere dalla mia vita Filippo non ho problemi a nominarlo e non provo per lui nessun tipo di sentimento negativo. Io penso solo che Giulia non tornerà mai più e tutto il resto perde di significato”.
Giulia viene ritratta come una ragazza estremamente altruista, che si prodigava per gli altri senza chiedere nulla in cambio, sia nei confronti dei coetanei che dei familiari.
“Ci sono aspetti e racconti di lei che ho scoperto solo a seguito di ciò che è successo” rivela Cecchettin. Poco prima della cerimonia di laurea alla memoria di Giulia, ad esempio, la Rettrice dell’Università di Padova, dove la ragazza studiava Ingegneria Biomedica, ha confidato al padre che un professore la considerava un “primo violino”: il punto di riferimento per capire se proseguire con l’argomento o ripetere la spiegazione.
“Penso che nella sua semplicità e nel suo preferire stare nelle retrovie abbia lasciato il segno” continua Gino.
“E’ un libro commovente – e in alcune pagine anche straziante – ma che ha anche l’intenzione di infondere coraggio, speranza e voglia di attivarsi per cambiare le cose” commenta il libraio Davide Gamba, presente alla serata.
“La vicenda mi aveva colpita molto, ma leggendo il libro mi sono emozionata ancora di più, perché sono le parole di un papà che si rende conto che la sua Giulia non la vedrà più” dice invece la giornalista Cristina Mastrandrea, che ha moderato l’incontro insieme a Gamba.
La Fondazione Giulia
Per combattere la violenza di genere, Gino Cecchettin ha dato il via a una fondazione che mira a erogare borse di studio (iniziativa già cominciata con l’Università di Padova), offrire ai ragazzi formazione riguardo alla violenza di genere attraverso lezioni tenute da team e organizzare progetti insieme ad alcune associazioni che operano per la difesa dei diritti delle donne.
Il comitato è già stato costruito, a novembre si intende fare la costituzione per poi partire con le iniziative con l’anno nuovo. In più, sono già in piedi il sito web e le pagine social.
Una nuova considerazione del tema del patriarcato
La violenza di genere è collegata al tema del patriarcato, discusso durante l’incontro come nel libro.
Cecchettin ammette di aver iniziato a vedere sotto un’altra luce questa tematica dal riverbero della convinzione della figlia Elena, sicura che il gesto operato da Filippo fosse quello di “un figlio del patriarcato”.
Il patriarcato è l’insieme dei pregiudizi sociali che giustificano il potere prevaricatore degli uomini, e se in alcune dittature è ancora altamente fondato, nella nostra realtà di Paese democratico molti meccanismi e atteggiamenti sono ora sconfitti dal terreno sociale ottenuto col tempo dalle vittorie delle donne, anche se per certi aspetti il patriarcato permane. “E’ in questo patriarcato democratico e morente che ha agito Filippo” interviene Davide Gamba.
La situazione “è in continuo miglioramento, ma dal mio punto di vista permane ancora molto maschilismo” sostiene Gino “Lo vedo nelle consuetudini e nei luoghi comuni. Il fatto che il patriarcato sia ancora molto lottato vuol dire che non è ancora del tutto risolto”.
Sempre secondo Cecchettin, un importante punto di partenza per l’indipendenza è la parità salariale, assente, come constatato, in tutti i 270 stati del mondo. Il trend è positivo ma molto lento: pare che verrà raggiunto tra circa 50 anni.
“Si pensa che dare più diritti a una parte significhi toglierne all’altra, – conclude Cecchettin – ma in realtà si alzerebbe tutti di un gradino nella sfera sociale: è questo che bisogna far capire”.
Una risposta
Un uomo immenso che può contare sull’affetto di tante tantissime persone che lo stimano e gli vogliono un gran bene