Pare di vederlo, a distanza di cinquant’anni, Gianclaudio Regazzoni da Lugano, al momento di scendere dalla sua monoposto, quel giorno a Watkins Glen. Il più solare del Circus, il viveur, danseur, tennista e a tempo perso pilota secondo la nota e affettuosa definizione di Enzo Ferrari, il caleidoscopico Clay, affondato nella cupezza. Innaturale, per lui, ma inevitabile per la circostanza, inopinata per destino avverso.
Si riprenderà, tornerà danseur, tutti ricordano il tango in televisione con Raffaella Carrà di qualche settimana dopo, ma in quel momento vive la grande disillusione, il sogno di una stupenda carriera coronata dal titolo iridato. Che sfuma per un’inezia, che però fa tutta la differenza del mondo.
Domenica 6 ottobre 1974, ultimo atto del Mondiale di Formula Uno. Regazzoni e Emerson Fittipaldi, sulla McLaren condotta da Teddy Mayer e progettata da Gordon Coppuck, ci arrivano appaiati, a cinquantadue punti. Tanto si è scritto intorno ad un evento che pareva disegnato per incoronare Regazzoni e la Ferrari, a dieci anni dall’ultimo trionfo con John Surtees.
Mauro Forghieri che per varie incredibili peripezie non riesce a raggiungere puntualmente il circuito, l’incidente nelle prove della settimana precedente che riserva a Clay una contusione alla caviglia, la neve che orna la pista una notte prima del Gran Premio. E ancora i problemi ai freni nella prima sessione delle qualifiche, che penalizzano, peraltro, anche Emerson Fittipaldi.
Il ferrarista, però, ci aggiunge la rottura del motore. La seconda sessione per la pole position premia Carlos Reutemann, su Brabham motorizzata Ford Cosworth, a precedere James Hunt, al volante del gioiello di Lord Hesketh, e a Mario Andretti, ottimo terzo con la Parnelli alla seconda gara in assoluto. Fittipaldi e Regazzoni sono rispettivamente ottavo e nono, staccati di sessantadue millesimi: per Clay, la peggiore performance dell’anno. Oscuri presagi a piene mani, con il senno di poi, che però non scalfiscono un cauto ottimismo all’interno del Cavallino.
E siamo alla fatidica domenica. Alla partenza, Regazzoni supera Fittipaldi mentre Reutemann e Hunt si avvantaggiano. Ma l’urlo dei tifosi si spegne presto. Fittipaldi sopravanza l’elvetico, ma si comprende all’evidenza che non si tratta di normale avvicendamento in pista tra i due leader del Mondiale. Clay appare in chiara difficoltà con la macchina.
Intanto, muore Helmut Koinigg, giovane pilota austriaco, che viene espulso dal tracciato con la sua Surtees probabilmente per un guasto meccanico. Il dramma non impedisce alla gara di continuare, allora si usava così.
Regazzoni arretra, perde posizioni e si trova costretto ai box per sostituire gli pneumatici, ammalorati dal deteriorarsi delle sospensioni. Altre due soste ai box trasformano il sogno in incubo, definitivamente. Fittipaldi si classifica quarto e ottiene i tre punti decisivi per aggiudicarsi il bis iridato, dopo quello conquistato nel 1972 con la Lotus di Chapman.
Regazzoni arriva sul traguardo ma è mestamente undicesimo. Una serie di circostanze negative e concomitanti, verificatesi beffardamente insieme, relega il pilota ticinese nel gruppo dei grandi campioni della Formula Uno mai fregiatisi dell’alloro iridato.