Medici di base contro la riforma: “Così si mina il rapporto con i pazienti e si rischia la chiusura dei piccoli ambulatori”

Il riassetto, promosso dal ministro Orazio Schillaci, punta a superare il sistema attuale delle convenzioni, prevedendo per i medici di famiglia l’assunzione diretta nel Servizio sanitario nazionale. Nunzio Venturella, segretario regionale Fimmg:"Questa riforma danneggia soprattutto i pazienti".
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Sanità

Medici di famiglia sul piede di guerra per la riforma annunciata sulla medicina generale, che potrebbe presto approdare in Consiglio dei ministri. Il riassetto, promosso dal ministro Orazio Schillaci, punta a superare il sistema attuale delle convenzioni, prevedendo per i nuovi medici di famiglia l’assunzione diretta nel Servizio sanitario nazionale con contratti a tempo e orari strutturati. I professionisti opererebbero all’interno delle Case della comunità, delle Centrali operative territoriali e degli ospedali di comunità, in collaborazione con altri operatori sanitari.

Al centro del progetto, sostenuto da alcune regioni, vi è anche la trasformazione della formazione post-laurea, che diventerebbe universitaria e equiparata alle altre specializzazioni.

A opporsi con forza è però la Federazione italiana medici di medicina generale (Fimmg).
“Si parla da mesi di una proposta che nessuno ha realmente letto nel dettaglio – spiega Nunzio Venturella, segretario regionale della Fimmg Valle d’Aosta –. È un progetto che respingiamo perché mina il rapporto di fiducia tra medico e paziente, soprattutto in una regione come la nostra, dove l’unico ospedale può distare anche 100 chilometri da alcuni Comuni”.

“Come medici del territorio abbiamo sempre garantito la presenza in ogni Comune – prosegue –. In Valle d’Aosta oggi sono attivi 164 ambulatori, con un rapporto diretto tra medico e paziente”.

Attualmente, in Valle d’Aosta operano 75 medici di medicina generale, ciascuno con circa 1.400 pazienti a carico, a fronte di un rapporto ottimale di 1.200. “In totale gestiamo 109 mila pazienti, che diventano oltre 123 mila considerando anche i pediatri di libera scelta – spiega Venturella –. E già oggi mancano almeno 15 medici di famiglia”.

Il punto critico, secondo Fimmg, è l’introduzione di un orario settimanale rigido di 38 ore. “Come si concilia questo con l’attività quotidiana? Questa mattina ho iniziato le visite a Brusson, ora sono a Verrès e finirò alle 19. Cosa dovrei dire da dipendente? Che dopo 10 minuti la visita è finita, o che chiudo l’ambulatorio anche se ci sono ancora pazienti in attesa? Solo il mese scorso ho fatto 48 visite domiciliari. E il sabato lo passo nelle microcomunità”.

Venturella lavora in un ambulatorio associato a Verrès con altri colleghi. “Paghiamo 1.600 euro al mese di affitto al Comune, più i costi per il personale – una segretaria e un infermiere – e per le utenze. Se diventiamo dipendenti, chi si farà carico di queste spese? Oggi, quando vado in ferie, devo pagare di tasca mia un sostituto. Anche i nostri collaboratori rischiano il posto”.

Il rischio, secondo la Fimmg, è lo smantellamento degli ambulatori nei piccoli centri. “Il vero problema non sono le ore lavorate – sottolinea Venturella – ma l’impatto sul servizio. Questa riforma danneggerebbe soprattutto i pazienti. Inoltre, giuridicamente non possiamo diventare dipendenti: non abbiamo seguito una specializzazione universitaria, ma un corso triennale regionale. Senza contare che la legge Balduzzi, dopo tredici anni, è ancora inapplicata”.

A rafforzare le critiche, anche la recente firma – datata aprile 2024 – dell’accordo tra Stato e Regioni sulla medicina generale. “Perché tornare indietro così rapidamente? Quali interessi ci sono dietro questa accelerazione? Il rischio è che si voglia avviare una privatizzazione della medicina generale. Ma il paziente, cosa ci guadagna? Nulla”.

“Nel nostro ambulatorio di gruppo a Verrès seguiamo 6.800 pazienti. Siamo un punto di riferimento per il territorio, evitiamo accessi inappropriati al pronto soccorso con piccoli interventi come le suture. Il sistema può essere migliorato, ma la strada è un’altra: rafforzare gli ambulatori di gruppo, ridurre la burocrazia e sostenere i medici sul territorio”.

Infine, un appello: “Applichiamo l’accordo firmato dieci mesi fa e valutiamone gli effetti. E basta dire che la medicina generale è la causa degli accessi impropri in pronto soccorso: molti pazienti ci vanno perché sanno di trovare esami gratuiti come Tac e altre prestazioni. I rimedi ci sarebbero, ma manca la volontà politica”.

Lanciata una petizione

Per informare i cittadini il sindacato ha organizzato una mobilitazione, invitando tutti i pazienti a firmare  una petizione.

Questo il testo che i cittadini sono invitati a firmare:

Egregio Presidente, esprimo profonda preoccupazione per i cambiamenti annunciati dai mezzi di comunicazione per la Medicina Generale. Voglio continuare a poter scegliere il mio Medico di Famiglia, voglio che lo studio del medico sia vicino alla mia casa, voglio che il mio Medico possa dedicarsi alla mia salute con la libertà e la flessibilità di oggi, voglio essere considerato una persona da seguire e non una prestazione da erogare. Se il mio Medico diventerà dipendente che lavora esclusivamente ad ore garantendo turni e non assistenza, perderò il mio punto di riferimento per la salute, perderò il mio diritto di scelta, perderò la sua vicinanza. Non sono disposto a retrocedere sulla possibilità di avere il mio medico di famiglia, unica figura capace di garantirmi assistenza personalizzata grazie a quel rapporto umano che genera fiducia e conoscenza approfondita della mia storia clinica e di quella dei miei familiari. Nessuno tocchi il mio medico di famiglia!

La Fondazione Gimbe: “Medici di famiglia a rischio estinzione”

Secondo l’ultimo rapporto della Fondazione Gimbe, la medicina generale italiana sta affrontando una crisi profonda e sistemica. Mancano oltre 5.500 medici di famiglia, il 52 % dei professionisti è sovraccarico di assistiti e ben 7.300 medici andranno in pensione entro il 2027. A rendere ancora più critico il quadro è il crescente disinteresse dei giovani verso questa professione: nel 2024 il 15% delle borse di studio per il corso triennale in medicina generale non è stato assegnato, con punte superiori al 40% in alcune Regioni.

L’invecchiamento della popolazione contribuisce ad aggravare il fabbisogno assistenziale: gli over 80 sono triplicati in 40 anni e il 55% degli over 65 presenta almeno due patologie croniche. La Fondazione sottolinea che l’attuale massimale di 1.500 pazienti per medico, fissato nel 1984, è ormai insostenibile. Inoltre, in alcune Regioni come Lombardia, Veneto e Valle d’Aosta oltre il 60% dei medici supera questo limite, compromettendo la qualità dell’assistenza e il diritto alla libera scelta del cittadino.

Dal 2019 al 2023 il numero di medici di famiglia è sceso del 12,8%o (4.749 unità in meno), con una media nazionale di 1.374 assistiti per medico. La carenza stimata di MMG al 1° gennaio 2024 è pari a 5.575 professionisti, con le situazioni più critiche in Lombardia, Veneto, Campania ed Emilia-Romagna.

La riforma annunciata dal Ministero della Salute , secondo GIMBE, è stata proposta senza un’adeguata valutazione d’impatto economico, organizzativo e professionale, né un coinvolgimento reale dei medici interessati.

Il rischio, secondo Gimbe, è quello di lasciare milioni di persone senza medico di famiglia, peggiorando l’accessibilità e la qualità delle cure, soprattutto per anziani e fragili, vanificando gli obiettivi del Pnrr e dell’assistenza territoriale.

Anche l’Uv chiede di fermare la riforma

Stoppare la riforma in corso. A chiederlo è anche l’Union Valdôtaine, che in una nota si dice contraria alla modifica del regime contrattuale dei medici di medicina generale, da convenzionati a dipendenti dei servizi sanitari regionali

“La responsabilità propria del lavoro autonomo del regime attuale garantisce flessibilità organizzativa, costi ridotti a carico della Regione a fronte di elevati volumi di attività, e un impatto sui livelli di occupazione grazie agli investimenti nei fattori di produzione e alla creazione di “micro-imprese”, nelle quali lavorano attualmente in Valle d’Aosta 75 medici coadiuvati da 16 segretari/infermieri”.

L’eventuale regime alternativo di dipendenza, definito dall’Uv “non necessario e addirittura dannoso per la nostra regione, sia per la sua conformazione territoriale che per l’impossibilità, in tal caso, di formare i medici di medicina generale nel nostro territorio”, rischia inoltre di non garantire ai pazienti “la libertà di scelta del medico curante, la prossimità delle cure primarie ed un rapporto duraturo e fiduciario tra medico e paziente.”

Una risposta

  1. Ottimo articolo e un APPELLO ACCORATO ai cittadini/utenti/pazienti: firmate l’appello presso vostri Medici di Famiglia o assisterete passivamente a un tracollo della Medicina di Famiglia e alla desertificazione sanitaria delle periferie, come stà avvenendo con le Poste, gli sportelli bancari, i negozi di prossimità, etc. Attivatevi per non dovere poi subire conseguenze drammatiche e non limitiamoci a borbottare al bar o nelle sale d’attesa. Grazie

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