Patrick Zaki ad Aosta: “La libertà si capisce solo quando la perdi”

Patrick Zaki è stato ospite ieri sera di Amnesty International nel Teatro di Plus portando il suo libro "Sogni e illusioni di libertà. La mia storia", scritto per raccontare la sua prigionia e per dare voce ai circa 40mila oppositori politici detenuti in Egitto.
Patrick Zaki Ad Aosta
Società

“La prigionia è una ferita in mezzo al cuore che rimarrà lì”. Patrick Zaki ha provato a curarla grazie al potere terapeutico della scrittura, sostenuto da un’équipe di psicologi. Così è nato il libro Sogni e illusioni di libertà. La mia storia (La nave di Teseo, 2023), che l’attivista per i diritti umani e portavoce di Amnesty ha presentato ieri sera, mercoledì 2 aprile, al teatro di Plus, l’ex Cittadella dei giovani, in occasione dei 50 anni di Amnesty International Italia e dei 40 anni del gruppo valdostano.

Egiziano, classe 1991, nato a Mansura in una famiglia copta, studente a Bologna, Zaki è stato detenuto in Egitto per venti mesi – dal 7 febbraio 2020 all’8 dicembre 2021 – per il suo impegno sui diritti umani e per le opinioni politiche espresse sui social media.

Il libro, come spiega lo stesso Zaki, è stato anche uno strumento per dare voce ai circa 40mila oppositori politici detenuti in Egitto, alcuni dei quali ha conosciuto durante la sua prigionia. Uno strumento per raccontare la vita dentro le carceri egiziane. “Grazie a questo libro riesco a girare l’Italia per ringraziare chi si è battuto per farmi liberare ma anche per parlare dei prigionieri politici”, spiega.

pubblico serata Zaki
pubblico serata Zaki

“Lì capisci cos’è davvero la libertà”

“Sicuramente la prigione ha cambiato la mia percezione, la mia prospettiva rispetto alla parola tortura. Che cos’è l’oppressione? Che cos’è la libertà? Prima della prigionia conoscevo il significato di queste parole, ma attraverso libri anche un po’ romanzati. Ma quando in realtà subisci queste violenze, queste oppressioni, quando ti tolgono la libertà? Lì capisci”.

Zaki racconta la sua esperienza nelle carceri egiziane, dove è stato costretto a restare chiuso in cella per 23 ore al giorno: “Adesso so davvero quanto è importante la parola libertà. Quando qualcuno decide per te quanto tempo devi stare, cosa puoi fare e cosa non puoi fare”.

L'”iperattivo” Zaki ha dovuto imparare a stare fermo, seduto sul pavimento della cella, dove le dimensioni non permettevano altro. Non sono mancati i momenti di sconforto. “Il peggio della situazione in cui puoi vivere. Ora tutto ciò che accade, mi dico: cosa può accadere di peggio rispetto alla prigione? Quando raggiungi il fondo, tutto il resto si può risolvere”.

L’importanza del sostegno di Amnesty

“Spesso le persone pensano che Amnesty non sia stato fondamentale o importante. Nel mio caso invece lo è stato. Amnesty ha fatto partire questa campagna per la mia liberazione, ha fatto conoscere la mia storia in Italia e al Parlamento europeo”.

Zaki ricorda in particolare alcune lettere scritte da bambini e recapitate in carcere: “Queste lettere sono dei disegni fatti da bambini e bambine nelle scuole per un progetto di Amnesty. Uno aveva scritto ‘ti aspettiamo in Italia e vogliamo sentire la tua storia’. Questo mi ha permesso di dire: ok, devo resistere un giorno in più”.

“Le persone spesso pensano che sia fortissimo, che sia un eroe. In realtà sono semplicemente un essere umano come tutte e tutti voi”.

Tra insegnamento e giornalismo

Dopo la laurea in farmacia e il passaggio, inizialmente osteggiato dalla famiglia, allo studio dei diritti umani, Zaki vive oggi in Italia e sta svolgendo un dottorato alla Scuola Normale Superiore di Pisa su diritti umani e intelligenza artificiale.

“Il mio sogno è insegnare e vivere a contatto con gli studenti: sono dinamici e ti mantengono attivo”, sottolinea. Oltre all’insegnamento guarda anche al giornalismo: “Ora sto scrivendo per Il Manifesto. Ma c’è molta propaganda in Italia. Ad esempio sulla Palestina è facile capire da che parte stanno alcuni giornali. Si parla di bambini uccisi senza mai dire chi li ha uccisi. C’è un doppio registro, uno per gli ucraini, perché sono bianchi, europei, uno per la Palestina, perché neri e arabi”.

“Serve un cambiamento, anche in Occidente”

Zaki ribadisce la necessità di un cambiamento anche nei paesi occidentali: “Servono più diritti umani. Stiamo vivendo in uno dei momenti più bui della storia americana”.

Sulle primavere arabe, parla di “sogno per tutti i popoli arabi”, pur ammettendo che le trasformazioni richiederanno ancora tempo: “In Francia ci sono voluti 20 anni per la rivoluzione”.

Patrick Zaki Ad Aosta
Patrick Zaki Ad Aosta

Il messaggio finale ai giovani

Dopo le domande del pubblico e prima del firmacopie, il messaggio rivolto ai più giovani: “Se ci si vuole avvicinare ai diritti umani, Amnesty può essere la porta d’ingresso. Cercate sempre fonti diverse e seguite le vostre passioni”.

Zaki ha infine ricordato le donne uccise in Italia: “Dovete prendere coscienza del problema del patriarcato. Questi omicidi non sono delle tragedie ma dei femminicidi”.

L’apertura della serata

Ad aprire l’incontro, moderato dalla giornalista Rai Federica Zoja e dall’attivista Refka Znaidi, sono stati il presidente del Consiglio comunale di Aosta Luca Tonino e l’assessora Clotilde Forcellati. “Spesso si fanno obiezioni se un ente locale si occupa di diritti. Per noi la ragione è semplice: bisogna difendere gli spazi di democrazia, che diamo per scontati, ma che la storia di Zaki dimostra che non lo sono”.

3 risposte

  1. Se avesse partecipato alla serata si renderebbe conto di quanta pochezza sono le parole che ha scritto nel suo commento.
    Lui ci mette la faccia e ha espresso opionini molto più profonde intelligenti e taglienti delle sue riguardo al genocidio che Israele sta compiendo in Palestina e di quanto il nostro “occidente imperfetto” non sia da romanticizzare. Se avesse ascoltato le sue parole, lo rispetterebbe. Invece niente. Aspettiamo le sue lezioni, per esempio in Siria o in Palestina.
    Buona giornata

    1. Il suo, Tamara, è un ottimo esempio di tafazzismo.
      Zaki parla di libertà in un paese, l’Italia, in cui è libero di parlare, e in cui può dire qualunque cosa. Non contento, si sente in dovere di fare la predica a quell’occidente che l’ha liberato, sorvolando su tutto ciò che di spaventosamente arretrato, di illiberale, di patriarcale, di teocratico esiste nel medio oriente.
      Fa il professorino, al calduccio. E c’è chi applaude, ben contento di sentirsi colpevole.

  2. In attesa che i paesi arabi inizino a rispettare le donne, le religioni diverse dall’islam, a ragionare su che cosa siano la democrazia e i diritti umani, io mi tengo questo occidente molto imperfetto, dove anche un dissidente politico può esprimere le sue idee liberamente.
    Il buon Zaki, liberato grazie al governo italiano che fa parte di questo occidente tanto bistrattato, potrebbe andare a tenere le sue lezioncine ad esempio in Siria, dove l’attuale governo “di transizione” sta facendo massacri, o potrebbe tenere corsi di recupero ai membri di Hamas, che sparano sugli palestinesi di Gaza che protestano per la loro presenza; o ancora, potrebbe recarsi in un qualunque altro stato teocratico, magari in Iran, a parlare di diritti delle donne e di femminicidi.
    Penso che sarebbe un successone.

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