Nel comprensorio della Cervino un progetto per proteggere gli uccelli dai cavi degli impianti

Portato avanti dalla società, consentirà di installare sulla seggiovia di Cielo Alto dei segnalatori. Per tutelare la fauna selvatica è stata realizzata una mappa per i visitatori con segnalate le aree rifugio. "Una grande scommessa di comunicazione".
Ivana Grimod
Ambiente

Una “pratica virtuosa” che è anche “un inizio” per la Valle d’Aosta. La Cervino spa, società che gestisce gli impianti a fune di Breuil-Cervinia, Valtournenche, Torgnon e Chamois, sta portando avanti un progetto per studiare e limitare l’impatto dei cavi aerei di seggiovie e funivie sugli uccelli. L’iniziativa – che punta ad installare sulle funi dei segnalatori per evitare le collisioni dell’avifauna e a sensibilizzare i visitatori del comprensorio sulla presenza degli animali con delle mappe e un’apposita cartellonistica – è stato presentato ieri sera, lunedì 19 maggio, nella sala conferenze della biblioteca regionale di Aosta, nell’ambito degli eventi organizzati dalla Regione per il mese dedicato alla biodiversità.

“Recenti studi hanno affermato che la collisione contro i cavi aerei degli impianti di risalita è una delle principali cause dirette di mortalità dei galliformi alpini“,  spiega la biologa Ivana Grimod, che si sta occupando del progetto nel comprensorio sciistico ai piedi del Cervino insieme a Matteo Martinet, agronomo e tecnico faunisitico. Se “in Francia e in Svizzera è da 10-15 anni che si cerca di coniugare l’attività sportiva con la salvaguardia della biodiversità”, sull’arco alpino italiano “sono pochi i progetti di questo tipo”. Guardando oltralpe, in Francia ad esempio, il Syndicat national des téléphériques vuole nei prossimi 5 anni segnalare sulle Alpi tutti i cavi potenzialmente pericolosi per il gallo forcello. Non solo. Per migliorare la visibilità delle funi, nei comprensori sciistici francesi sono state adottate diverse soluzioni che vanno dai galleggianti in plexiglas di colore rosso e di forma ovoidale infilati lungo il filo di sicurezza dello skilift, ad una distanza di 2 metri l’uno dall’altro, alla sistemazione di un cavo aggiuntivo, parallelo a quelli principali, con dei segnalatori. Un sistema, quest’ultimo, difficile da sperimentare in Italia perché “la regolamentazione impedisce l’installazione di un cavo aggiuntivo”, dice la biologa.

Per gli impianti nuovi o quando si deve procedere alla sostituzione del cavo multicoppia delle seggiovie, si utilizzano delle guaine spiralate in Pvc di colore rosso di circa 2 metri l’una dall’altra e, sempre in Francia, alcuni impianti sono dotati di dispositivi di illuminazione per evitare le collisioni notturne degli uccelli. Un altro intervento sulle Alpi francesi, riguarda l’istituzione nei comprensori sciistici di 161 aree rifugio, create per proteggere la fauna selvatica e i suoi habitat, per il fagiano di monte (dato aggiornato al 2022).

Una sensibilità che si sta facendo strada anche in Italia, nonostante le difficoltà normative. A Limone Piemonte, nel cuneese, si stanno testando dei manicotti di colore giallo lunghi 40 centimetri installati lungo le funi degli impianti a 5 metri di distanza l’uno dall’altro per tutelare l’avifauna. In Valle d’Aosta, la capofila è appunto la Cervino spa. “Mettere in pratica non è semplice. In Francia è tutto molto più facile, qui da noi ci si scontra con la normativa, ad esempio il cavo in più che non possiamo mettere, o con l’autorizzazione dei proprietari dei terreni che limita molto”, spiega Martinet, entrando nel dettaglio del progetto commissionato dalla società degli impianti a fune, iniziato meno di un anno fa.  “Con un modello di vocazionalità abbiamo individuato le aree di presenza del gallo forcello all’interno del comprensorio e le abbiamo sovrapposte a quelle in cui sono presenti i cavi per capire come segnalarli al meglio”.  Uno degli interventi previsti consiste nel posizionamento sulla seggiovia Cielo Alto, che possiede già il cavo aggiuntivo, di segnalatori luminescenti – detti birdmark – che saranno posizionati a 5 metri di distanza.

Il progetto ha permesso di istituire nel comprensorio delle aree rifugio per ridurre il disturbo al fagiano di monte e ad altre specie sensibili, come lo stambecco, il camoscio, la lepre variabili e la pernice bianca.  È stata creata una mappa che è stata caricata sul sito del comprensorio, ricevendo 2,5 milioni di visualizzazioni, e distribuita già durante lo scorso inverno a 16.000 visitatori e nelle attività commerciali e ricettive del posto. Queste aree in cui è possibile incontrare al fauna selvatica saranno segnalate anche con apposita cartellonistica. “Noi chiediamo ai turisti di non entrare in quelle aree, è una richiesta non un divieto”, dice il tecnico faunistico, definendo il progetto “una grande scommessa di comunicazione“. L’obiettivo? “Vogliamo far vedere al grande pubblico gli animali spiegando dove vivono, come vivono e i pericoli a cui vanno incontro”.

Durante l’incontro, la naturalista Sofia Koliopoulos ha illustrato i suoi studi sul monitoraggio acustico passivo del Francolino di Monte, un uccello che abita anche nei boschi valdostani, mentre la biotecnologa Velca Botti è intervenuta sull’utilizzo del Dna barcoding per lo studio dell’avifauna.

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