Il registro dei crediti di carbonio forestali volontari diventa realtà con la firma del decreto interministeriale: si tratta di certificati che attestano la quantità di CO₂ assorbita grazie a interventi virtuosi sul territorio.
Le nuove linee guida stabiliscono i requisiti per l’iscrizione nel registro. I crediti di carbonio dovranno rispettare due criteri principali: una gestione dell’area boschiva che preveda attività aggiuntive rispetto alla semplice conservazione obbligatoria secondo la normativa vigente; e un progetto di gestione della durata minima di 20 anni, certificato da un ente terzo accreditato, come avviene per DOP, IGP e produzione biologica. Il credito generato potrà essere ceduto a terzi solo dopo almeno cinque anni dall’avvio del progetto e dopo l’iscrizione nel Registro tenuto dal CREA.
“Il registro dei crediti di carbonio da oggi può diventare operativo: è uno strumento essenziale per dare nuova linfa alla gestione delle aree boschive italiane, mettendo insieme le energie dei privati con l’interesse pubblico. Sono orgoglioso di quello che si potrà fare grazie a questo decreto: i progetti delle aziende dovranno essere certificati, migliorare lo stato dei boschi e avere una durata di almeno vent’anni. I nostri boschi troveranno nuova linfa grazie a una normativa chiara. È un passo avanti per contrastare il fenomeno del greenwashing e curare l’ambiente con i fatti e non con gli slogan”, sottolinea il ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida, cofirmatario del decreto insieme al ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin.
In Italia ci sono 10 milioni di ettari di boschi, di cui 104.139 ettari si trovano in Valle d’Aosta, pari al 31,77% del territorio regionale, pronti a beneficiare dei nuovi strumenti di valorizzazione e gestione sostenibile.

Una risposta
A livello globale questa dei crediti di carbonio si sta rivelando una truffa (o almeno tanta fuffa): molte delle agenzie che ne gestiscono il mercato ‘vendono’ più volte uz credito relativo alla stessa area e il tipo di credito descritto nell’articolo è spesso molto sovrastimato. In sostanza, da quello che so, ci si basa su dichiarazioni volontarie per attribuire un valore di compensazione di CO2 come se si piantasse un nuovo bosco, ma in realtà ci si limita a non tagliarlo (e in molti casi non ce n’era mai stata l’intenzione) per cui di fatto non c’è una vera attività di compensazione supplementare.
Mi scuso per la lunghezza e spero di essere stata chiara.