Appena rientrati dal viaggio, il fuso orario non è ancora stato assorbito. Ma Egidio e Patrick Marquis hanno voglia di parlare e di raccontare la loro esperienza davanti a un caffè uno – che deve tornare già a lavorare in serata – e ad una spremuta l’altro: “Non bevo, non fumo, mi alleno e faccio una vita sana”.
È forse questo il segreto di Egidio, che a 82 anni (83 a gennaio) sembra ancora un ragazzino, per i modi di fare, per l’entusiasmo di scoprire cose nuove e per la memoria con cui ricorda i numeri esatti delle gare fatte (“quest’anno 40, di cui 9 mezze maratone, l’anno scorso 51”). Ed ora è riuscito a realizzare il suo sogno, correndo insieme a suo figlio Patrick la Maratona di New York.
Un sogno che cullava da tempo, e che Patrick ha fatto di tutto per veder realizzato: “Quando mi ha detto che voleva fare la Maratona di New York ho iniziato a muovermi per trovare la soluzione”, racconta il 44enne già primo dei valdostani al Tor des Géants del 2024, assistito proprio da papà Egidio. “Abbiamo preso il pettorale tramite un’agenzia che ti organizza il pacchetto completo”. Egidio spiega che “partecipando spesso al campionato canavesano, avevo sentito una persona raccontare di esserci stato e mi sono detto che dovevo farla anche io”.
Arrivati a New York giovedì, padre e figlio hanno visitato la città, con Egidio che non aveva nessun problema a camminare e muoversi nella Grande Mela seguendo Patrick: “Non avevo mai preso l’aereo”, racconta Marquis senior. “Ho patito tantissimo dover stare fermo per 9 ore, mi veniva il nervoso. Al ritorno, invece, ho dormito secco. Per noi, abituati a vivere in Valle d’Aosta, New York era una cosa incredibile, quelle che vedi solo nei film. Tutto gigantesco, tutto ordinato e pulito, da lasciarti a bocca aperta”. Lo dice con una luce negli occhi, che diventa ancora più brillante quando si parla della maratona.
Egidio l’ha chiusa in 5h14’49” (Patrick 3” dopo), arrivando 46.039° su 59.134 finisher (su un totale di circa 70.000 partenti), ottenendo l’ottavo posto della categoria maschile 80-89. “Se non mi fossi fermato per il male al ginocchio, sarei stato sotto le 5 ore”. In effetti, quel sogno sembrava potesse finire al 38° chilometro: “Vent’anni fa ho avuto un incidente e ho spaccato la rotula destra in 5 pezzi, ora ho una calcificazione del tendine rotuleo”, racconta Egidio. “Da allora ho fatto 420 gare, ma ora non riesco più a fare le salite e correndo in piano dopo i 25-30 km inizia a farmi male. Se non fosse stato per Patrick non ce l’avrei fatta”.
“Si è buttato per terra, gli ho tirato la gamba e aiutato a rialzarsi. È ripartito come un missile, come se non fosse successo niente. È un testone. Gli chiedevo se stesse bene e mi mandava a quel paese”, scherza Patrick. “Ogni tanto diceva che voleva ritirarsi. Io lo sfidavo dicendogli ‘Dai, ritirati’, e alla fine l’ha portata a casa”.
“Una soddisfazione che non puoi immaginare, viene da piangere a ripensarci”, continua a ripetere il padre. “La cosa bella è stata essere partiti e arrivati insieme”. Emozionati dalla gente, dai cartelli, dai bambini che ti danno la mano, dalle persone che offrono da bere o la pizza sul percorso, dalla gente che il giorno dopo se ti vede con la medaglia si ferma per congratularsi con te. “Nei primi chilometri mi ha dovuto rallentare Patrick perché se no mi facevo prendere dall’entusiasmo e andavo troppo forte”.
Ora Egidio ha capito che forse con le maratone il feeling è finito, a causa dei problemi al ginocchio, ma non la sua voglia di correre e di girare per il mondo: “Abbiamo deciso che andremo nei posti dove si può fare sia la maratona che la mezza, così io faccio le 42 km e lui le 21 km. So che su quella distanza non mi devo preoccupare”, dice Patrick. “Ad aprile andremo a Vienna. Sono belle occasioni per visitare città che altrimenti non vedremmo mai e per stare insieme”. “Se dovessi sceglierne un’altra, direi Boston o Chicago, ma il viaggio è troppo lungo”, conclude Egidio. “Sì, se non rompe le scatole mi porto dietro anche Patrick”.








