Un ricordo di Enzo Osella, creatore di prototipi dalla linea ineguagliata

Quest'anno, a settembre, è morto Enzo Osella, figura di prim’ordine e ingiustamente sottovalutata dell’automobilismo sportivo. Dal rally al lavoro nel reparto corse della Abarth, Osella ha poi raggiunto la Formula Due e la Formula Uno, rimandendovi un decennio.
Enzo Osella - Foto Facebook Osella Engineering
Gioie e Motori

Non possiamo archiviare il 2025 senza ricordare Enzo Osella, figura di prim’ordine dell’automobilismo sportivo a partire dalla seconda metà del secolo scorso. Figura di prim’ordine e ingiustamente sottovalutata, in ragione di una riservatezza e di una idiosincrasia per i riflettori oggi più che mai da ritenersi esemplari.

Osella se n’è andato a fine settembre all’età di ottantasei anni in quella Torino che ne ha vissuto ed esaltato le gesta. Il padre Luigi, nato professionalmente come commerciante di generi alimentari, si converte alla meccanica e apre un’officina nel capoluogo piemontese. Enzo fa conoscenza con un rallysta gentleman driver e ne diventa navigatore, poi passa al ruolo di pilota con la Fiat600di sua sorella.

I motori sono un fatto di famiglia e il senior Luigi non si tira indietro: asseconda il figlio contribuendo all’acquisto di una LotusEleven”, una vettura prestazionale e elitaria per l’epoca. Enzo incontra Karl Abarth, che ne apprezza le doti e lo assume nel 1963. Osella ha ventiquattro anni ed è la svolta della sua vita.

Apprende dal grande Abarth tecnica, gestione e segreti dell’automobile e delle corse in particolare. Tanto che dopo avere acquisito nel 1964 una sede a Torino, nel 1971 si lancia e Abarth gli cede il reparto corse. Enzo spende del suo e aggiunge anche una corposa mole di cambiali, ma sa di poter contare su talento e attitudine al duro lavoro. Da allora, sarà Abarth – Osella.

Il marchio dello Scorpione, intanto, entra nella galassia Fiat. Mentre Karl, il Maestro, torna a Vienna per un buen retiro meritato ma rivelatosi troppo breve, Enzo si dedica alle monoposto e dopo la Formula Due raggiunge la Formula Uno. E ci rimane per un decennio.

L’esordio data 1980, pilota Eddie Cheever. I punti iridati arrivano nel Gran Premio di San Marino 1982. Un quarto posto per Jean-Pierre Jarier con la “FA1B” equipaggiata con il propulsore Ford Cosworth DFV, nell’Imola teatro del duello fratricida tra Gilles Villeneuve e Didier Pironi, che passa il canadese disattendendo gli ordini di scuderia.

Ancora un quinto posto nel 1984 a Dallas per il Gran Premio degli Stati Uniti con Pier Carlo Ghinzani, al volante della “FA1F” questa volta motorizzata Alfa Romeo. Nel 1990 l’ultima apparizione nel Mondiale, con un bilancio finale frustrato dalla cronica carenza di risorse, ma con il prezioso merito di avere dato un’opportunità a tanti piloti, come, tra gli altri, oltre ai citati Cheever e Ghinzani, Corrado Fabi, Caffi, Tarquini, Larini.

Nella massima Formula, Enzo conosce anche il dolore per la perdita di Riccardo Paletti nel Gran Premio del Canada 1982 a Notre Dame. Personalmente, mi piace ricordarlo al di fuori dei lustrini della F1 e celebrare gli innumerevoli successi, soprattutto nelle gare di velocità in salita, con i suoi prototipi spesso imbattibili.

Mauro Nesti, pluricampione italiano e europeo con la “PA9 BMW”, così come i suoi eredi Simone Faggioli, sulle “PA” nelle varie versioni e sulla “FA30” e Christian Merli, con la “FA30 Judd” regalano a Osella trionfi in serie. Sport Prototipi eccezionali e, se posso terminare con una notazione estetica, dalla linea ineguagliata.

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