"Undschen Atte, das bicht im hümmil: déin noame séggi heiligi, das d’cheemischt an biten, das alz séggi wi d’willischt dou, sua im hümmil wi in disch weelt. Gib n’ündsch, all Gotsch toaga, unz bruat. Tu n’ündsch warzin undsch schulfig. Loa n’ündsch nöit vallen im schwache weg wa hut n’ündsch van all teschebbi".
Non era la prima volta che il padre nostro recitato in lingua töitschu risuonava tra le mura della chiesa d’Issime, ma la messa celebrata ieri mattina da Don Ugo Busso ha rappresentato comunque un evento speciale per tutta la comunità locale e non solo.
Speciale perché ha coinciso con la “Restitution” alla popolazion di un antico stendardo, risalente al 1780, che veniva portato in processione su tutto il territorio fino ai confini con Gaby, ma anche perché finalmente la messa in lingua locale – che si differenzia dagli idiomi (titsch) parlati in fondo alla vallata di Gressoney – è stata celebrata “ufficialmente”, con tanto di libretto dedicato, cantoria in costume tradizionale e stuolo di autorità presenti tra i primi banchi.
“Abbiamo colto l’opportunità per riproporre un rito che un tempo era abituale – ha spiegato Don Ugo Busso, presidente dell’associazione Augusta che si batte per salvaguardare i dialetti Walser di Issime e Gressoney – per dimostrare non solo quanto la fede sia importante per la nostra comunità, ma anche per far riflettere i giovani sull’importanza di salvaguardare le nostre origini”.
L’iniziativa si è svolta nell’ambito del progetto di salvaguardia delle funzioni religiose in dialetto, ideato dall’assessorato regionale all’Educazione e Cultura, che ha preso il via lo scorso settembre in occasione della VII Festa del patois con la celebrazione di una messa in dialetto valdostano presso la cattedrale di Aosta.
“Visto il grande successo riscosso dell’evento – ha spiegato Viérin – abbiamo deciso di renderlo un progetto itinerante e di coinvolgere quindi tutte le parrocchie in cui si celebrava la messa in patois. In questo caso, oltre al patrimonio materiale costituito dallo stendardo, abbiamo cercato di restituire anche una parte di quell’immenso patrimonio immateriale costituito dalle tradizioni, dai costumi e dalla storia di una comunità”.
Lo stendardo, è stato ritrovato da alcuni giovani dell’associazione Augusta, nel sotto tetto della parrocchia. ma non essendoci soldi per il suo recupero, era stato messo da parte in attesa di essere appunto recuperato. Ora, grazie al restauro, le antiche caratteristiche dell’antico drappo sono tornate alla luce: da un lato, appaiono San Giacomo e san Sebastiano, patroni di Issime, attorniati da quattro Dottori della Chiesa, mentre dall’altro è evidenziata la Sacra Famiglia con la colomba dello Spirito Santo e il Padre Eterno sotto il Bambin Gesù, attorniato dagli Evangelisti.
“Presto sarà protetto da una teca di vetro e resterà esposto in chiesa – ha concluso Busso – in attesa di costituire uno dei pezzi pregiati del futuro Museo del Sacro che nascerà a Issime”.