“Urgente una moratoria sulle licenze commerciali”

L’allarme di Confcommercio, Confesercenti, Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl, Uiltucs-Uil e Savt Commerce, contrari all’apertura di un nuovo grande magazzino a Sarre. “Gli amministratori e i legislatori valdostani – si legge - sfuggono alle loro responsabilità.
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Economia, Politica, Società

Da mesi si ripete lo stesso copione. Già ad aprile le associazioni regionali dei commercianti, riunite sotto Confcommercio e Confesercenti e i sindacati che tutelano la categoria si erano fatti sentire, chiedendo a gran voce un tavolo allargato tra Regione, Celva, parti sociali, associazioni imprenditoriali per discutere della politica regionale in materia di nuove aperture di ipermercati e supermercati.
Da allora non si è mossa foglia, sostengono ora con un comunicato stampa congiunto. Il prossimo passo è quello di chiedere una moratoria immediata per il rilascio delle licenze ed il concomitante avvio di in una programmazione basata sulla valutazione dell’utilità sociale delle iniziative commerciali, anche nell’ottica della promozione di una sana concorrenza.
Nel mirino della protesta, c’è il nuovo supermercato che sarà costruito ad ovest di Aosta. “La ormai certa prossima apertura di altre strutture di vendita di media dimensione in quel di Sarre – si legge nel comunicato stampa congiunto – desta allarme e preoccupazione nell’ambito del settore commerciale già travagliato dalla crisi economica globale”. Il territorio valdostano, scrivono sindacati e associazioni di categoria, “ha già un sistema distributivo sovradimensionato rispetto alla presumibile capacità di domanda della popolazione residente e fluttuante, con la presenza di tre supermercati e circa quindici aziende di media dimensione per lo più concentrate in Aosta e Comuni limitrofi”.
La prova? Basta mettere a confronto la realtà locale con quella del Trentino Alto Adige: “Nelle province autonome di Trento e Bolzano, che contano una popolazione di circa un milione di abitanti, vi è una struttura di vendita tra gli 800-1499 mq. ogni 16.000 abitanti, mentre in Valle d’Aosta se ne registra una ogni 8.000. E ancora, una struttura di vendita superiore ai 1.500 mq. ogni 71.000 abitanti in Trento e Bolzano ed una ogni 40.000 abitanti in Valle d’Aosta”.
Tra l’altro, come rilevato dall’indagine annuale di Altroconsumo, pubblicata lo scorso settembre, la spesa alimentare dei valdostani, in barba al gran numero di esercizi, è tra le più elevate d’Italia, mentre la possibilità di risparmiare scegliendo tra gli esercizi il più conveniente è la più ridotta. Eppure Altroconsumo, a margine delle tabelle presentate dal rapporto, annotava: “Ogni punto vendita si adatta all’offerta dei concorrenti più diretti. Maggiore è la dinamica concorrenziale, più numerose fioccano le offerte per il consumatore’.
Stranamente, in Valle, la concorrenza tra piccola e grande distribuzione e il proliferare della seconda non sembra produrre un risparmio per i cittadini.
Il rilascio di nuove autorizzazioni commerciali e di licenze edificatorie può essere considerato un affare. A farne le spese, sostengono i firmatari, sono i piccoli esercizi, “molti dei quali sono destinati ad aggiungersi all’elenco dell’attività già chiuse negli ultimi anni, indebolendo ancor di più quella funzione primaria di servizio pubblico essenziale che essi svolgono soprattutto nei piccoli Comuni nell’ambito dei quali essa è già carente se non addirittura assente”. Le segreterie sindacali regionali, in passato, hanno già discusso in più occasioni con il presidente del Cpel-Celva, Elso Gerandin, sollecitandolo rispetto a problematiche analoghe. “L’impegno assunto dal presidente di coinvolgere le istanze istituzionali preposte e le Associazioni di categoria, ad oggi, non ha trovato nessun riscontro positivo”.
E la politica? “Gli amministratori ed i legislatori valdostani sfuggono alle loro responsabilità per avallare in Valle d’Aosta una situazione che penalizza fortemente il comparto, al punto di accentuare l’attuale crisi del settore con il conseguente ridimensionamento degli esercizi di vendita e dei livelli occupazionali”.
La proposta di una moratoria è stata lanciata, la richiesta di una programmazione regionale concertata è stata formulata, ora la parola spetta alla politica regionale.
 

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