Chi ritiene che il monte Bianco appartiene alla Francia sarà una persona espertissima di Cannes e Saint Tropez, ma è completamente digiuna di montagne e alpinismo.
Chiunque sia salito in vetta al Bianco da più vie, sa che dei 4 versanti della montagna solo quello insignificante, cioè il versante nord, è francese e si tratta di distese ghiacciate senz’anima alcuna e banalmente sciabili.
Il versante est, quello con le superlative vie di ghiaccio dalla Brenva (Sentinella Rossa, Major e Poire), è italiano al 100%.
Quello meridionale (con i Piloni e il Pilastro Rosso), con le sue eccezionali vie di roccia, le più alte d’Europa, è italiano al 100%.
Il versante ovest, che ripete in minore il versante della Brenva a est, è italiano al 100%.
Le tre grandi creste (Peuterey, Innominata, Brouillard) sono italiane al 100%, come pure il Grand Pilier d’Angle.
Il 99% dell’alpinismo "importante" al Bianco si fa su territorio italiano.
Se poi si vuole giudicare la vetta, chi non ha l’hobby di spaparanzarsi sulla Croisette ma di raggiungere il tetto d’Europa, sa per esperienza diretta che la vetta massima, ben poco ardita ma identificabilissima, si trova al termine più alto della cresta delle Bosses, proveniente dalla capanna Vallot a ovest, cresta che costituisce il confine tra Italia a sud e Francia a nord.
Alla vetta del Bianco si giunge pure dal monte Bianco di Courmayeur (cima italiana al 100% e più a sud), seconda cima delle Alpi per altezza, attraversando il colle Major (totalmente italiano).
La vetta del Bianco è poco caratterizzata, oltrechè verso nord, anche verso est, cioè provenendo dal colle della Brenva, ma quanto detto sulla cresta delle Bosses è sufficiente a dirimere ogni questione sull’appartenenza della vetta in senso stretto (la montagna in senso ampio è italiana perchè i due versanti superlativi, est e sud, sono italiani come pure quello notevole, l’ovest, lasciando ai francesi solo il mediocre lato nord), quanto meno agli occhi di chi non scrive con bottiglie di Cointreau e Bordeaux semivuote sulla scrivania.
Non è nazionalismo il mio, è conoscenza della geografia che non può essere violentata da galletti col naso rubizzo certamente più esperti di secchielli e paletta che di ramponi e corde.
Giancarlo Borluzzi.