“Il quadro è allarmante. Negli ultimi anni avevamo ottenuto diversi servizi per i nostri malati e ora ce li stanno togliendo!”. A lanciare quello che è un vero e proprio un grido di aiuto è Odetta Bonin, Presidente della Diapsi, un’associazione che da oltre dieci anni si spende a favore delle persone con disagio mentale e delle loro famiglie in Valle d’Aosta. Si sfoga su Facebook la presidente regionale di Diapsi e poi al telefono all’indomani di una riunione con i responsabili dei servizi territoriali.
Il cahiers des doléances riguarda la chiusura di alcuni servizi territoriali della psichiatria. Oltre al centro diurno di Donnas, chiuso al 31 dicembre 2011, il 28 febbraio prossimo termina anche l’esperienza della comunità terapeutica di Donnas che ospita attualmente 8 persone. Gli ospiti saranno destinati altre comunità del territorio mentre i casi meno gravi andranno a casa. Non senza disagi secondo Odetta Bonin. “Ci sono persone che, per mancanza di posti, passeranno dalla comunità protetta a iniziative di vita autonoma, con due sole ore di assistenza al giorno: siamo molto preoccupati, non c’è gradualità in questi passaggi”.
Eppure il problema del disagio mentale è in crescita. Nel 2011 la struttura complessa di psichiatria dell’Usl ha effettuato 302 ricoveri ordinari, 115 in day hospital e 94 in osservazione breve intensiva. In tutta la Valle gli utenti assistiti in strutture residenziali psichiatriche sono stati 171, di cui 95 presso strutture regionali e 37 fuori valle, oltre a 39 persone inserite in strutture semiresidenziali regionali. Quasi 36mila le prestazioni ambulatoriali psichiatriche e psicologiche erogate. “Basta farsi un giro in psichiatria per capire come ci siano sempre più casi nuovi tutti gli anni – spiega Dilva Rollandin, amministratore della cooperativa Soci@almel di Chatillon – e fra questi molti sono anche i giovani che fanno uso di sostanze”.
La cooperativa Soci@almel di Chatillon gestisce il gruppo appartamento di Pontey, aperto però solo alle persone provenienti da fuori valle. “Siamo nati – sottolinea Dilva Rollandin – per rispondere ad un bisogno esplicitato nel piano sanitario regionale. Abbiamo comprato quindi una villetta e l’abbiamo adattata per due gruppi da quattro persone l’una, ottenendo il parere favorevole della Regione. Una volta pronta la struttura abbiamo ricevuto l’autorizzazione al servizio ma, l’accreditamento, che è un atto dovuto per l’amministrazione regionale, ci è stato dato solo per gli extraregionali. E’ come dire agli insegnanti puoi lavorare solo con i bambini biondi. I residenti quindi che potrebbero lasciare la comunità verso percorsi di maggiore autonomia non possono fare questo salto. Cosi si torna indietro e da politiche di riabilitazione si va verso la mera custodia dei malati.”
I servizi che rimangono in piedi fanno invece i conti con la spending rewiew prevista dall’Azienda Usl che ha chiesto ai gestori delle diverse strutture di abbattere i costi del 5 per cento. La sensazione generale dell’Associazione e dei familiari è di un arretramento evidente dei servizi dedicati ai malati mentali. A fronte di rassicurazioni e promesse di mancati tagli al settore sociale. “E’ un anno che non si fanno nuovi inserimenti nelle comunità, nonostante ce ne sia bisogno: noi abbiamo la sensazione di una situazione bloccata con uno stop che arriva dall’alto giustificato da motivi economici”sottolinea ancora Odetta Bonin.
Odetta Bonin ha quindi chiesto un incontro urgente con l’Assessore Albert Lanièce. “Credo che ci debbano spiegare il perché di queste scelte e soprattutto dove vanno a finire i soldi prima destinati alla comunità di Donnas e dai risparmi generati dai costi minori”.