Meteolab al Forte di Bard, verso l’estinzione dei ghiacciai

Nell'Anno Internazionale della Conservazione dei Ghiacciai, Meteolab si concentra sulla ricerca e sul diritto dei ghiacciai. In Antartide, nella biblioteca mondiale dei ghiacciai, ci sarà anche il ghiaccio valdostano del Monte Bianco e del Grand Combin.
Meteolab al Forte di Bard con Roberto Louvin e Luca Mercalli da sx a dx Foto Alice Dufour
Ambiente

Il cambiamento climatico è la più grande truffa ai danni dell’umanità? Il Rapporto sullo Stato del Clima 2025 annuncia che il pianeta è in bilico, sull’orlo del baratro. Lo ricorda Luca Mercalli, Presidente della Società Meteorologica Italiana, in occasione della sedicesima edizione di Meteolab.

Ieri, sabato 15 novembre, il Forte di Bard ha ospitato docenti, scienziati e ricercatori per il consueto appuntamento annuale ideato dall’Associazione Forte di Bard, dalla Società Meteorologica Italiana e dall’Équipe Arc-en-Ciel.

Al centro del dibattito: i ghiacciai, tra ricerca e diritto. Non poteva che essere questo il tema della giornata di studi pensata per il 2025, Anno Internazionale della Conservazione dei Ghiacciai. Anno che ha visto l’istituzione, il 21 marzo – e d’ora in poi verrà celebrata tutti gli anni – della prima Giornata Mondiale dei Ghiacciai.

“Può nevicare molto, ma non basta”: i ghiacciai fondono.

“Scioglie lo zucchero nel caffè, mentre i ghiacciai fondono”. Il Presidente della Società Meteorologica Italiana precisa: “non parliamo di scioglimento, ma di fusione”.

“Per l’aumento delle temperature i nostri ghiacciai soffrono in tutte le catene montuose. Quelle di Alpi e Pirenei sono le più colpite. Più farà caldo, più faremo in fretta a consumare il ghiaccio esistente” spiega Mercalli. Con l’aumento della temperatura media planetaria di 1,5 gradi solo per l’anno 2024, “la nostra criosfera è già condannata. Siamo in condizioni ostili al ghiaccio terrestre”.

Non bastano le precipitazioni nevose per contrastare il caldo estivo, che sta consumando i ghiacciai. “Il ’23-’24 e il ’24-‘25 sono stati due inverni carichi di neve, ma niente da fare. A Torino, dal 1753, le estati più calde sono tutte concentrate dopo il 2003, che rimane l’estate più calda di sempre, seguita a ruota dal 2022, 2017, 2015 e 2025” illustra il climatologo.

Dove va il nostro ghiaccio? In mare. “A Venezia, a Rovigo (provincia, ndr), sulle spiagge romagnole. Per rimanere a casa nostra”. A fine secolo i ghiacciai alpini saranno estinti, mentre aumenterà il livello del mare “non solo per il ghiaccio, ma anche per l’espansione termica delle acque. Attualmente siamo a 4,8 millimetri all’anno. A fine secolo potremo quasi certamente avere un ordine di grandezza di un metro di mare in più”.

Bilanci negativi sui ghiacciai della Valle d’Aosta: “la fronte del Rutor, dal 2003 a oggi, si è ritirata di circa 600 metri”.

I ghiacciai sono delle sentinelle. L’ARPA Valle d’Aosta si è occupata del monitoraggio dei ghiacciai del Rutor a La Thuile, del Timorion in Valsavarenche e del Petit Grapillon in Val Ferret. “L’annus horribilis è stato il 2022” spiega Federico Grosso dell’ARPA. “Abbiamo avuto, in Valle d’Aosta, ma più in generale in tutto l’arco alpino, scarse precipitazioni in inverno e temperature elevate in estate. La maggior parte dei bilanci, calcolati dal 2000 sul ghiacciaio del Timorion e dal 2005 sul ghiacciaio del Rutor, sono a tendenza negativa”.

Meteolab al Forte di Bard con Federico Grosso ARPA VdA
Meteolab al Forte di Bard con Federico Grosso ARPA VdA

“Sono due o tre inverni che abbiamo delle buone precipitazioni, però in estate ci ritroviamo ad avere temperature troppo alte” prosegue Grosso che, nel pomeriggio, ha dedicato il suo intervento allo stato attuale della criosfera in Valle d’Aosta. Per snocciolare qualche dato e quantificare le perdite, Grosso dichiara: “la fronte del Rutor, dal 2003 a oggi, si è ritirata di circa 600 metri. Abbiamo degli abbassamenti della superficie del ghiacciaio che vanno nell’ordine dei 3/4 metri all’anno in alcuni punti. Il ghiacciaio del Petit Grapillon, oggetto di monitoraggio nel 2017, ha perso 20 metri di ghiaccio”.

Si concentra sulla Valle d’Aosta e sui suoi laghi glaciali, più di 150, la ricercatrice di Fondazione Montagna Sicura, Martina Lodigiani. Nel suo intervento pomeridiano, “I laghi glaciali: dalla loro osservazione alla gestione dei rischi naturali”, Lodigiani sottolinea l’importanza di monitorare i bacini in alta quota, in aumento per l’effetto dell’arretramento dei ghiacciai.

Ice Memory: il ghiaccio del Monte Bianco e del Grand Combin conservati in Antartide nella biblioteca mondiale dei ghiacciai.

“Il ghiaccio conserva la storia del clima. Rischiamo di perderla” afferma Mercalli. Da qui la corsa contro il tempo del programma internazionale riconosciuto dall’UNESCO Ice Memory. Attraverso la raccolta, l’analisi e la conservazione di carote di ghiaccio, l’obiettivo è di costruire la prima biblioteca mondiale dei ghiacciai. Carote che saranno trasferite in Antartide per le generazioni future. Perché gli scienziati dei prossimi decenni non potranno più studiare i ghiacciai (non ci saranno più, ndr).

Nella biblioteca dei ghiacciai non mancherà la Valle d’Aosta. Nella nostra Regione sono state eseguite due estrazioni: la prima nel 2016 sul Monte Bianco e la seconda nel 2025 sul Grand Combin.

The Law of Glaciers: non soltanto la ricerca, anche il diritto.

Mentre a Bard si discute di ghiacciai, a Belém, in Brasile, sono in corso i negoziati sui cambiamenti climatici per la COP30 (Conferenza delle Parti). Mercalli lo ricorda, al pubblico presente in sala, per ribadire quanto è importante il diritto internazionale. “Senza diritto sono solo parole e premesse”.

Per questo motivo la giornata di studi di Meteolab non parla solo di ricerca, ma anche di diritto: The Law of Glaciers, il diritto dei ghiacciai.

Silvia Giudici, dottoranda dell’Università degli studi di Torino, accompagna la sala in una passeggiata, Walking on thin Ice, tra Unione europea e gestione dei rischi causati dal surriscaldamento globale sui ghiacciai. Il suo intervento accende i riflettori sulle lacune normative e “su tutta una serie di competenze che l’Unione europea potrebbe attivare”.

“Siamo usciti dalle nostre biblioteche e ci stiamo guardando intorno” spiega il professore dell’Università degli studi di Trieste Roberto Louvin. Sui giuristi dice: “non siamo più soltanto quelli che citano i loro predecessori. Siamo sempre più costretti a studiare cose a cui non eravamo pronti per accompagnare le trasformazioni”. Rispetto al tema del diritto glaciale il docente universitario aggiunge: “non basta mettere divieti, bisogna mettere in campo anche delle strategie”. Servono nuove regole per un nuovo futuro.

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