C’è voluta qualche ora, tra parole a “mezza bocca”, tecnicismi e divagazioni più o meno mirate. Ma la somma sintesi è una, ma anche duplice: il progetto del “condominio della discordia” in piazza Arco di Augusto – il cui iter amministrativo è ancora in corso –, di media, non piace al Consiglio comunale. Che però, come si dice in gergo, “non può toccare palla”.
La lunga discussione in aula è partita da una mozione presentata dal capogruppo della Lega Sergio Togni: “È stato presentato un progetto di demolizione e ricostruzione nell’ambito del Piano casa, bocciato dalla Commissione edilizia comunale ma non dalla Soprintendenza, che ha titolo, che l’ha invece approvato. Una bocciatura avvenuta per tre volte. Non possiamo mettere in dubbio la Soprintendenza, non c’è un organo a lei superiore. È anche comprensibile che la Commissione edilizia, all’unanimità, l’abbia ritenuto un po’ eccessivo al di là della norma”.
Ma la domanda è una: “Chiedo se alla Giunta questo progetto piace, se la parte politica è riuscita ad intervenire, se c’è una visione comune della Giunta e cosa ne pensi il sindaco”.
La risposta semplice è che il Comune non si esprime. Non ha competenza, l’iter non si è nemmeno ancora chiuso. O, si diceva, “non può toccare palla”. Per dirlo, l’assessore alla Pianificazione territoriale Loris Sartore sceglie la via più tecnica: “Il nostro Piano regolatore si ferma di fronte a norme di rango superiore come la ‘legge casa’ del 2009. Qui viene ribadita la potestà del Comune dove non ci sono vincoli. In quelli soggetti a vincoli la potestà è della Soprintendenza”.
Non solo: “Non è mia intenzione entrare nel merito del progetto – aggiunge Sartore –, anche perché può farlo meglio di me chi ha avuto la responsabilità istruttoria del procedimento e perché ritengo non sia opportuno, né da parte mia né da parte del Consiglio comunale che non ha competenza ad esprimersi o ad entrare nel merito delle scelte progettuali. Rimando, se verrà convocata, alla seconda Commissione per l’illustrazione del progetto e del suo iter, quest’ultima da parte del dirigente che deve rilasciare il titolo abitativo”.
Ma il condominio piace o no?
Tra le risposte che non rispondono – e non è un segreto che il progetto abbia creato qualche crepa nella compattezza della maggioranza – cerca di tracciare una linea Diego Foti, consigliere in quota Pcp, ma della componente di Area democratica: “Con tutto il rispetto, esprimo un parere negativo su questo progetto. Che non conterà nulla ma che è allineato con i diversi pareri della Commissione ediliza. Che è autorevole e si è espressa con dei criteri che condivido pienamente”.
Dai banchi della Lega, Bruno Giordano si sposta (anche) su una questione più di fondo, di principio: “Io personalmente non ero d’accordo sul ripristino della Commissione edilizia. La maggioranza ha deciso legittimamente di ripristinarla. Ma se l’abbiamo voluta intendiamo difenderla? O prendiamo atto che il parere della Soprintendenza di fatto bypassa quello della Commissione edlizia e fa diventare un atto dovuto il rilascio del titolo abilitativo?”.
“Posso dire che quel progetto a me, esteticamente, non piace – ha aggiunto l’ex sindaco –. Ma lì entriamo nella soggettività più assoluta. Credo però che la politica debba avere l’onere e l’onore di dare un parere in ordine non ad un palazzo qualunque, ma sulla rinnovata e pedonalizzata entrata ad est di Aosta”.
Un Comune “svuotato” di potere?
Ed il “nodo” è proprio qui. Quali e quanti poteri ha il Comune di Aosta? “Questa vicenda ha messo un po’ in allarme i cittadini e noi stessi, che ci siamo confrontati – ha spiegato invece Fabio Protasoni, capogruppo di Pcp –. Questa questione rende evidente, ahimè, una debolezza degli enti locali. Perché è chiaro, come detto, che bisogna discutere la coerenza di quel progetto con l’idea di città che ha l’Amministrazione ed il contesto romano che ha di fronte”.
Limiti su cui, dai banchi dell’opposizione, si interroga anche Roberta Carla Blabis (La Renaissance): “Mi sembra che parliamo di questi iter amministrativi come fossero entità sovrannaturali. Invece sono sistemi di cui ci siamo dotati noi stessi. Cerchiamo di mettere in campo i nostri poteri per modificare alcune questioni, pesanti, per tutti. S ci rendiamo conto che ci sono degli ‘inghippi’ ci sarà la possibilità che in ogni singolo punto decisionale si possano trovare modi per colloquiare e sciogliere i nodi”.
Renato Favre, consigliere di Forza Italia e vicepresidente del Consiglio, dice laconico: “Spero che il nostro dirigente, che avrà il potere di sottoscrivere la concessione edilizia, abbia chiesto un parere legale. Anche votassimo tutti, e la maggioranza votasse per discuterne in Commissione, saremmo solo dei convitati di pietra. Non andiamo da nessuna parte. Se volgiamo fare uscire un documento che vada in una certa direzione va bene, ma sarebbe solo un esercizio di stile”.
Tornando dalle parti de La Renaissance interviene anche Giovanni Girardini, che non nasconde il suo disappunto: “Ma Aosta quanto conta in questa regione? Non conta proprio niente? Non possiamo neanche esprimerci sull’immagine della nostra città, in una delle sue piazze simbolo. Questo mi scandalizza e mi lascia perplesso”.
Tema caro a Bruno Giordano: “Trovo incredibile che ci si debba occupare dell’unica cosa di cui siamo tutti sicuri: l’unico dominus territoriale è il Comune. E non ci deve essere una Regione, a maggior ragione autonoma, che si comporta come una Provincia. C’è possibilità di approfondire l’argomento in Commissione, con una spiegazione del dirigente? Va fatto con urgenza. Anche perché, dall’altro lato, anche alcuni investitori privati stanno perdendo interesse, dopo tutti questi anni”.
Alla fine, anche l’assessore Sartore perde un po’ del suo aplomb: “Questa è una situazione che non ci piace. Non piace al Comune di Aosta né ad altri. Ci sono ristrettissimi margini per esprimere il proprio parere, soprattutto se quello della Soprintendenza viene ormai espresso prima ancora che il progetto sia rilasciato in un Comune. Il progettista, ormai è una prassi, consegna il tutto prima in Soprintendenza, viene modificato il progetto in base al loro parere, poi si presenta in Comune”.
Con un’apertura, che forse non avrà tempo di toccare questo progetto: “Deve esserci la possibilità che i comuni riacquistino almeno un po’ di competenza di governo del proprio territorio – ha concluso –. Il Comune deve poter dire qualcosa, soprattutto sugli interventi d’impatto. È opportuno che Soprintendenza, Commissione edilizia e gli Uffici che curano l’istruttoria trovino un momento di confronto. Con la possibilità di cercare assieme dei punti di equilibrio sugli aumenti volumetrici. Su questo mi impegno e questo voglio portare avanti, parlando con chi ha emanato la ‘legge casa’, quindi la Regione. E lo faccio da un anno a questa parte”.