Abusi e pornografia minorile, 7 anni di carcere a 28enne

L’accusa era mossa ad un giovane che, all’epoca dei fatti, lavorava in una struttura per giovani con disagio mentale e riguardava la presunta violenza sessuale a due ragazze, una minorenne. Rapporti consenzienti, ma ottenuti – per i giudici – approfittando della loro condizione.
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Cronaca

Violenza sessuale e pornografia minorile erano le accuse nei confronti di un 28enne valdostano, cui il Tribunale di Aosta – in composizione collegiale – ha inflitto ieri, mercoledì 17 maggio, sette anni di reclusione e 20mila euro di multa. La sentenza include anche un risarcimento, per un totale di 80mila euro, a favore delle due parti civili costituitesi nel procedimento.

La vicenda risale agli anni 2018-9, periodo in cui l’imputato lavorava in una struttura per giovani con disagio mentale. L’accusa riguardava la presunta violenza sessuale a due ragazze ospiti, al tempo una minorenne e l’altra appena più che maggiorenne. Durante il processo è stato messo a fuoco che le giovani fossero consenzienti, ma il reato – nell’impostazione accusatoria – s’incardinava nell’aver approfittato della loro fragilità.

A far emergere i fattii, la querela sporta dalla ragazza allora minorenne (che aveva oltre 16 anni). L’accusa di materiale pedopornografico era invece stata contestata a seguito dell’analisi del cellulare dell’imputato, rispetto all’accesso ad alcuni siti web.

Al riguardo, i giudici (il collegio era presieduto da Eugenio Gramola, con i colleghi Marco Tornatore e Maurizio D’Abrusco a latere) hanno anche valutato credibile il racconto della ragazza più giovane sul fatto che il 28enne avesse realizzato dei video durante un rapporto sessuale e in un’occasione in cui lei era senza abiti. I filmati non sono però stati rinvenuti dagli inquirenti.

A rappresentare l’accusa era la Procura distrettuale di Torino, competente per le contestazioni di pornografia minorile. Dopo una camera di consiglio protratta (l’udienza aveva avuto inizio in mattinata), l’imputato è stato assolto da tre capi d’accusa, ritenendolo però colpevole di altri quattro.

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