Cadavere trovato lungo la Dora, gli esami fanno scartare l’ipotesi dell’omicidio

Ad uccidere Jessica Lesto, la 32enne ritrovata lo scorso 31 maggio dietro la piscina di Aosta, è stata un’acuta intossicazione da cocaina. La Procura verso la concessione del “nulla osta” per la restituzione del corpo alla famiglia.
Jessica Lesto
Cronaca

E’ stata un’acuta intossicazione da cocaina a causare la morte di Jessica Lesto, la 32enne trovata morta lo scorso 31 maggio in un’area dietro la piscina di Aosta. Lo dicono le anticipazioni delle analisi comunicate alla Procura di Aosta dal medico legale torinese Roberto Testi, che aveva proceduto agli approfondimenti all’inizio di giugno. Per il pm Manlio D’Ambrosi, a capo dell’inchiesta, sarà quindi possibile concedere il “nulla osta” per la restituzione del cadavere alla famiglia.

Viene così meno l’ipotesi dell’omicidio, per cui in via Ollietti era stato aperto un fascicolo, per quanto si trattasse di un cammino percorso più nell’intento di procedere a tutti gli accertamenti del caso (come accade quando le circostanze di una morte non sono chiare), che non nella convinzione degli inquirenti della sua fondatezza. Gli elementi a disposizione, tra i quali spiccava l’assenza di segni evidenti di violenza sulla salma (per quanto non in condizioni ottimali di conservazione), non avevano orientato sin dall’inizio verso l’uccisione.

La morte della giovane, a quanto emerge dai primi riscontri degli esami (il consulente deve ora completare la sua relazione), è ricondotta ad un arco temporale tra i 15 e i 30 giorni prima del ritrovamento (parliamo, pertanto, del periodo tra il 1° e il 15 maggio scorsi), cui ha condotto una persona vicina alla famiglia. Il cadavere era parzialmente coperto da fango e foglie, ma gli inquirenti guardano con scetticismo ad un’ipotesi di seppellimento: l’esposizione prolungata anche al maltempo, a distanza minima dal letto di un fiume, è un fattore accreditato.

Sul futuro del fascicolo dovrà comunque determinarsi il pubblico ministero. L’assenza lampante – per quanto affiorato sinora – di elementi di rilevanza penale, e le tante difficoltà vissute dalla ragazza e messe in luce dalle indagini, appaiono però cifre della vicenda. Accanto al cadavere di Lesto vi erano i segni di un accampamento, con oggetti come uno sgabello, vestiti e coperte. In quell’angolo di città, vicino ad una pista ciclabile molto frequentata, ma al riparo dalla maggioranza degli sguardi, la 32enne e il 37enne senegalese Dia Matabara, suo marito dal 2019, a volte bivaccavano, nonostante la residenza a casa di una parente della ragazza.

Lui risulta irreperibile dalla Valle dall’inizio di maggio e non è considerato affatto inverosimile che quel giaciglio di fortuna possa essere stato condiviso con altre persone. Che i due si muovessero spesso in compagnia di conoscenti e amici lo aveva mostrato anche un altro episodio esaminato nell’inchiesta. Parliamo della notte dello scorso agosto in cui Lesto arrivò in ospedale, ferita al volto con una bottiglia. Accadde in corso Battaglione e, nonostante il presunto feritore risultasse assente, all’arrivo della Polizia c’era un altro uomo. Si dichiarò testimone, ma non si può escludere che fosse in compagnia della coppia dall’inizio della serata, né che altre persone si siano dileguate in tempo sull’arrivo delle Volanti.

Peraltro, la 32enne non presentò una denuncia per le lesioni. E’ stato anche il “puzzle” della vita della ragazza, ricomposto dagli agenti della Mobile, a far sì che il gesto violento non abbia mai preso quota nella lettura del ritrovamento del cadavere. Per questo, dal punto di vista investigativo, il risultato degli esami svolti sul corpo si presentava dirimente. Le “fughe” di Jessica Lesto a Torino non erano una novità per la sua famiglia (fu là che la Polizia la individuò, dopo che i parenti si erano rivolti a “Chi l’ha visto”, nel 2017), ma il suo silenzio protratto, stavolta, ha scritto un finale diverso. Quantomeno, Jessikina, come la chiamava chi l’ha conosciuta da ragazzina, ora potrà avere il suo ultimo saluto.

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