“Il fatto non è previsto dalla legge come reato”. E’ la formula con cui nella tarda mattinata di oggi, giovedì 11 febbraio, il Gup del Tribunale di Aosta Giuseppe Colazingari ha assolto l’ex presidente della “Cervino” SpA Federico Maquignaz (53 anni, Valtournenche) e il legale rappresentante della “Vico-Valdostana Impresa Costruzioni” Srl Ezio Colliard (65, Hône) dall’accusa di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente. Si è chiuso così il primo grado del processo, svoltosi con rito abbreviato, sulla cessione dell’ex albergo “Gran Baita” di Cervinia.
Il giudice ha così aderito alla richiesta avanzata, in via principale, dai difensori dei due imputati, gli avvocati Corrado Bellora (per Maquignaz) e Monica Atzei (per Colliard). I legali, nelle loro arringhe, avevano sostenuto che Cervino SpA non sia una società cui, vista la sua natura, si possano applicare le norme del diritto pubblico, oltre a sottolineare la regolarità dell’operazione di vendita dell’immobile (risultata, ai loro occhi, anzi vantaggiosa per l’azienda). Le motivazioni della sentenza del Gup sono attese entro 90 giorni.
Secondo la Procura della Repubblica (il pm Luca Ceccanti aveva invocato, per ognuna delle persone a giudizio, otto mesi di reclusione), sul passaggio di proprietà della struttura si era consumato un accordo indebito tra l’allora manager della “Cervino” e l’impresario. Nella ricostruzione inquirente, la società degli impianti di risalita la aveva venduta alla “Vico” nel 2016 per 1 milione 570mila euro (inferiore all’importo indicato in due diverse stime redatte da “Finaosta”). Con altre persone, Colliard aveva quindi dato vita ad una diversa società, “La Gran Baita” Srl, che nel novembre 2018 ha acquistato e rivenduto l’immobile a 4 milioni 350mila euro.
Stando all’inchiesta (gli accertamenti erano stati affidati ai Carabinieri del Breuil), senza la realizzazione di alcun intervento era stato così realizzato un plusvalore di 2 milioni 780mila euro. Per gli inquirenti, nell’operazione erano intervenuti “accordi, collusioni e mezzi fraudolenti”, tali da perturbare “la regolarità della procedura di vendita”, o “il procedimento diretto a stabilire il contenuto del bando”, per “condizionare le modalità di scelta del contraente garantendo alla Vico srl l’aggiudicazione con relativi ingenti vantaggi economici”. Una visione che il Gup, al termine del processo nato da indagini condotte nell’estate 2019, non ha però ritenuto di condividere, prosciogliendo gli imputati dalle accuse.