Bancarotta Casinò, l’“all in” della Procura sull’incidente probatorio
L’ipotesi di bancarotta fraudolenta del Casinò, su cui la Procura di Aosta indaga da oltre un anno, affonda le sue radici nel falso in bilancio che, secondo gli inquirenti, sarebbe stato commesso per più anni da amministratori unici e collegio sindacale, anche attraverso l’iscrizione di imposte anticipate tra le voci del documento contabile. L’alterazione delle scritture era già stata al centro dei due processi (entrambi giunti a sentenza di primo grado, con esiti opposti) sui 140 milioni di finanziamenti riconosciuti dalla Regione al Casinò, ma l’accusa non era andata oltre tale aspetto.
L’omologazione del concordato preventivo richiesto dall’azienda di Saint-Vincent, arrivata ieri dal Tribunale, ha però introdotto un elemento nuovo agli occhi della Procura, certificando l’insolvenza dell’azienda (i crediti non saranno pagati interamente, ma solo in misura percentuale sul totale, come stabilito dal piano). La legge fallimentare prevede che, in caso di fallimento o di ammissione a procedure alternative, qualora gli episodi di falso avessero contribuito ad incrementare il dissesto della società ci si troverebbe dinnanzi ad una bancarotta impropria, o societaria.
Il senso della perizia economico-contabile chiesta dai pm Eugenia Menichetti e Luca Ceccanti al Gip del Tribunale nasce da questa lettura e punta a mettere sotto la lente d’ingrandimento di un perito i bilanci dal 2011 al 2017 della Casa da gioco, per chiarire se le condotte (e, nel caso, quali) di chi ne rivestiva la responsabilità (il reato di bancarotta è proprio di amministratori e sindaci di una società) la abbiano portata alle condizioni attuali. Soprattutto, per acclarare se gli eventuali falsi in bilancio, inducendo in errore sulla reale situazione dell’azienda soggetti quali fornitori e banche, si siano riverberati sullo sbilanciamento tra costi e ricavi della “Casinò de la Vallée”.
Si tratta di un accertamento dal valore cruciale per la Procura, sia perché costituisce il massimo (e definitivo) livello di approfondimento immaginato sino ad oggi a livello inquirente sugli ultimi dieci anni di gestione della Casa da gioco, sia perché la scelta dell’incidente probatorio consentirebbe ai sostituti del Procuratore capo Paolo Fortuna di disporre, ancora nella fase delle indagini preliminari, di una prova – valida ed utilizzabile nel processo che potrebbe scaturire dall’inchiesta – dei reati eventualmente commessi nella conduzione aziendale.
Dal punto di vista dell’accusa, la parte lesa dal reato ipotizzato è costituita dai creditori, rappresentati, in ragione della procedura cui il Casinò è stato ammesso, dal Commissario giudiziale. Quanto al credito di 48 milioni di euro vantato da Finaosta, che verrà “trasformato” in patrimonio della “Casinò de la Vallée” attraverso lo strumento finanziario partecipativo previsto da una legge regionale dello scorso luglio, non appare agli inquirenti provvisto di rilievo penale, né è destinato ad assumerne una volta conclusa la conversione (per cui il Tribunale ha stabilito un termine di 60 giorni).
Sul piano procedurale, gli avvocati dei sei indagati hanno ricevuto ieri la richiesta di incidente probatorio. Possono, entro questa settimana, eccepire sulla fondatezza, o meno, dell’istanza. Dopodiché, valutati gli argomenti delle parti, il giudice deciderà. In caso di accoglimento, indirà un’udienza per la nomina del perito (nella quale i difensori potranno indicare propri consulenti di parte), la formalizzazione del quesito esatto cui lo stesso dovrà rispondere e l’indicazione della durata delle operazioni (facilmente, oltre sessanta giorni).
L’esito dell’accertamento, ma ancor prima il suo accoglimento da parte del Gip, appare quindi dirimente per lo sviluppo futuro dell’inchiesta e la scelta della Procura – volendo restare ad un’immagine consona tra le mura del Casinò, dove il poker americano è crescente – si connota come un vero e proprio “all in” inquirente, in cui pm e Guardia di finanza fanno la puntata massima sulla base delle carte di cui dispongono (gli elementi raccolti in più di dodici mesi, vista anche la proroga chiesta lo scorso luglio). Dall’altra parte del tavolo, ora, è seduto il giudice, cui spetta la prossima parola.