Bariste “ribelli” di Pont-Saint-Martin, il processo si chiude con una multa

A Katia Bertero Verney e Francesca Katiuscia Pistono, dei bar Lys e Bivio (oggi chiusi) il giudice Tornatore ha inflitto un’ammenda da 200 euro ognuna. Erano accusate di aver violato la chiusura imposta da un’ordinanza regionale.
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Cronaca

Nello scorso febbraio erano assurte alla ribalta delle cronache per aver violato l’ordinanza del Presidente della Regione che disponeva, nei confronti dei locali di Pont-Saint-Martin cui erano titolari, la chiusura per le ripetute violazioni dei Dpcm e dii altri atti regionali per il contenimento della pandemia Covid-19. Oggi, martedì 26 ottobre, Katia Bertero Verney (del bar Lys) e Francesca Katiuscia Pistono (del bar Bivio) sono state processate per la violazione: il giudice monocratico Marco Tornatore ha condannato ognuna ad un’ammenda da 200 euro, oltre al pagamento delle spese legali. La pena è sospesa.

L’accusa, rappresentata dal pm Sara Pezzetto, aveva chiesto 3 mesi e 15 giorni di arresti e 750 euro di multa ad imputata, per le “violazioni ripetute, non è stata data nemmeno una giustificazione” e la “scriminante dello stato di necessità non può essere invocata laddove esistano forme di sostegno economico”. L’accusa era di aver violato il testo unico delle leggi sanitarie, in particolare l’articolo che stabilisce una pena per “chiunque non osserva un ordine legalmente dato per impedire l’invasione o la diffusione di una malattia infettiva dell’uomo”.

Attraverso il loro difensore, fin dalle prime battute del processo chiusosi stamane, Bertero Verney e Pistono avevano insistito sul fatto di non aver commesso violazioni delle norme sanitarie, ma che voler tenere aperto, rispettando i protocolli anti-Covid, era una necessità dettata dal non fallire. Al riguardo, tra le produzioni processuali di parte figuravano anche le due istanze di fallimento dei locali, ora chiusi.

Nella sua arringa, l’avvocato Michele Stravato di Torino ha evidenziato la “condizione di effettiva ed oggettiva indigenza” delle due donne, derivante “dal periodo di emergenza nazionale”. A suo dire, le imputate “si sono trovate nella necessità di salvare un’impresa, mantenendo il locale aperto, nella prima fase oltre le 18, perché dopo quell’ora c’era la possibilità di racimolare qualche soldo in più”. Quando i locali sono stati posti sotto sequestro, per ordine della Procura, ha aggiunto il difensore, le due titolari hanno tenuto “una condotta che non può sollevare allarme sul piano dell’ordine pubblico”.

Il legale, nel chiedere l’assoluzione delle assistite, ha ripreso pure un “aspetto sottolineato anche” dai Carabinieri nei vari sopralluoghi svolti, vale a dire “che tutte le norme sanitarie sono state rispettate”, perché “queste persone volevano solo lavorare, non incentivare l’epidemia”. “Anche attraverso i tracciamenti fatti dall’Usl, – si è conclusa l’arringa – nessuno ha contratto il Covid al bar Lys o al bar Bivio, perché sennò non saremmo qui a parlarne”. Il giudice, dopo una breve camera di consiglio, ha riqualificato l’accusa in inosservanza continuata dei provvedimenti dell’autorità, quindi comminato le due ammende pecuniarie.

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