Carpisce denaro all’amante: il pm chiede 4 anni di carcere

Alle ultime battute il processo a Diego Carli, 48enne barese accusato di truffa ed estorsione ai danni di una donna della media valle, nell’ambito di una relazione prima amichevole, poi sentimentale.
Il tribunale di Aosta
Cronaca

Quattro anni di carcere e 1.500 euro di multa sono la pena chiesta ieri, martedì 5 febbraio, dal pm Luca Ceccanti per Diego Carli, 48enne barese a processo dinanzi al giudice monocratico del Tribunale Marco Tornatore per estorsione e truffa. La vicenda ruota attorno alla relazione, prima amichevole, poi sentimentale, intrecciata nell’autunno 2014 con una imprenditrice della media valle, a base – secondo l’accusa – di “blandizie, millantazioni ed artifizi”, grazie ai quali l’imputato “arriva a carpire una somma superiore ai 110mila euro” alla donna.

Nella ricostruzione del pubblico ministero, Carli conosce la sua futura partner “quasi casualmente all’interno del Casinò” di Saint-Vincent. “Comprende che può giocare sull’infatuazione della signora” e “si fa vedere più volte nella zona di Antey, millanta titolarità di svariate imprese e si presenta come soggetto dalle disponibilità economiche”. “Addirittura, – ha aggiunto Ceccanti – promette posti di lavoro alle sue amiche e si atteggia a brillante imprenditore”.

Per l’accusa, quando l’imputato “capisce che la costruzione ha fatto breccia, inizia a farsi dare somme di denaro, prospettando situazioni personali e lavorative inesistenti. Le dice che è single, che non ha figli, che ha momentanei problemi economici e ha bisogno di un prestito. La convince a disinvestire soldi e se li fa dare”. Quando nella donna, che nel mentre “si dissangua”, si fa strada qualche dubbio, lui “passa da ‘quello di successo’ al ‘tenebroso attinto dalle difficoltà della vita’”.

Racconta così, stando alle indagini, di dover mantenere i “nipoti orfani”, a causa della morte di un fratello. Un’altra volta “la chiama e dice di essere ricoverato” a Milano a seguito di un serio incidente. Peccato che “Carli non ha un fratello morto” e nemmeno “uno con il nome che ha detto alla signora”. “Mantenere nipoti orfani, addirittura pagare il funerale – ha tuonato il pm in aula – sono tutte circostanze false. Non è mai stato ricoverato. Il grave incidente non è mai accaduto”.

Le uniche certezze emerse dagli accertamenti svolti dai Carabinieri “sono le Postepay sulle quali la signora effettuava i versamenti”. Una intestata all’imputato, l’altra ad una donna “che altri non è la moglie del Carli”. “Tutte sciocchezze: – ha concluso amaro Ceccanti – ha una moglie e dei figli”. Come se non bastasse, nel momento in cui la donna smette di pagare e chiede indietro i suoi soldi, “scoppia la violenza verbale ed anche fisica”: la prende “per le spalle, la strattona e la induce a desistere”, minacciandola anche di rivelare al marito la loro relazione extraconiugale.

L’imprenditrice si è costituita parte civile nel processo con l’avvocato Ascanio Donadio, che ha sottolineato come l’imputato “non solo non ha restituito” nulla, ma “non si è neanche proposto” di farlo, per poi evidenziarne l’aspetto di “persona anche pericolosa”, perché quella oggetto del processo “ricorda storie di cronaca dal finale ben peggiore”.

La difesa di Carli, rappresentata dall’avvocato Federico Fornoni, ha sottolineato come la truffa sia “stata ammessa dall’imputato” quando è stato sentito in aula (“ma non stiamo parlando di 110mila euro, piuttosto di 50-60mila”) ed ha “fortemente contestato” l’estorsione. “All’atto della denuncia la signora non riferisce l’episodio con le minacce fisiche e segnala la truffa. – ha affermato il legale – Difficile pensare che una vittima di estorsione, reato di fatto più avvilente, non lo menzioni”. L’udienza è stata rinviata al 15 febbraio per le eventuali repliche e controrepliche delle parti, quindi arriverà la sentenza.

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