Concorso Usl per ginecologi: gli elementi del “taroccamento”

28 Novembre 2018

In che modo sarebbe stato “taroccato”, secondo la Procura diretta da Paolo Fortuna, il concorso Usl per l’assunzione di ginecologi tenutosi nel 2018? Lo riassume l’ordinanza del Tribunale del Riesame di Torino, che ha disposto (contrariamente a quanto deciso dal Gip in prima battuta) l’interdizione per sei mesi di uno dei sei indagati, l’allora presidente della commissione esaminatrice e primario del reparto di ostetricia e ginecologia dell’ospedale Beauregard, Livio Leo. In concorso con lui, al momento ancora in servizio (perché il provvedimento è subordinato all’esito del suo ricorso in Cassazione), il pm Luca Ceccanti accusa altri cinque medici (un esaminatore e quattro concorrenti) di abuso d’ufficio e rivelazione di segreto d’ufficio.

L’andamento del concorso

Il bando per assumere due ginecologi a tempo indeterminato viene indetto dal Direttore generale dell’Usl della Valle d’Aosta il 23 dicembre 2016. Dopo “una prima richiesta dell’Ufficio concorsi” dell’azienda “del marzo 2017”, la divulgazione dell’atto che indice la procedura avviene però “soltanto il 27 luglio 2017”, con la convocazione del sorteggio dei componenti della commissione esaminatrice. Il primario Leo viene nominato Presidente e due medici di strutture piemontesi (tra i quali l’altro camice bianco indagato, Enrico Negrone dell’Asl di Vercelli) ne fanno parte.

Nell’ottobre 2017 vengono pubblicate le candidature: otto medici si iscrivono, tre dei quali esonerati dalla prova di francese, che si tiene il 9 marzo 2018. Uno rinuncia, restano in sette. Nello stesso giorno vengono “predisposti tre questionari da sottoporre nella prima prova scritta, comprendenti ciascuno 50 quiz a risposta multipla”. Il risultato del test vede quattro medici superarlo brillantemente (due con 27 e altrettanti con 27,6) e tre respinti. Due non arrivano a 10 (9.6 e 6,6) e uno lo supera di poco (12,6). Negli ambienti ospedalieri, inizia il “rumore”: tra i bocciati ci sono due professionisti (Komi Kavage e Claudio Robba) che lavorano da tempo al “Beauregard”, con contratti a tempo determinato, più volte rinnovati.

Le indagini partono

Si arriva quindi alla prova pratica e poi all’orale. I quattro medici rimasti in corsa finiscono tutti in graduatoria. La procedura sarebbe chiusa, ma in Procura arriva l’esposto del consigliere regionale Emily Rini. Il pm Ceccanti mette sul caso i finanzieri del Gruppo Aosta, comandati dal tenente colonnello Francesco Caracciolo. Agli occhi dei militari salta subito come le norme in vigore prevedano che, per concorsi di quel tipo, “la commissione predisponga, lo stesso giorno della prova ed immediatamente prima della somministrazione della stessa ai partecipanti, una terna di temi o di questionari a risposte sintetiche. Inoltre, gli esaminatori devono “prendere visione dell’elenco dei partecipanti”, dichiarando “l’insussistenza di situazioni di incompatibilità” nei loro confronti.

Non soltanto si è proceduto con quiz “a crocette”, ma sono stati preparati molto tempo prima. Inoltre, esaminando i curricula dei quattro medici risultati idonei, i finanzieri scoprono che tutti hanno collaborato – in pubblicazioni scientifiche od eventi formativi – con il primario Leo e due hanno lavorato all’ospedale universitario “Maggiore della Carità” di Novara. Lo stesso del presidente della commissione, prima di trasferirsi in Valle. Non è ancora tutto. il primo classificato ha svolto una docenza nel “corso teorico-pratico sulla distocia di spalla”. Si tratta di una complicanza del parto che le “Fiamme gialle” trovano come argomento, seppure in declinazioni diverse, in tutte e tre le buste da estrarre per la prova orale.

Non sfugge, infine, ai militari che due medici hanno conseguito la specializzazione il 5 luglio 2017, un terzo appena dopo, il 7: una ventina di giorni prima che la procedura del concorso si metta in moto (dopo essere stato indetto formalmente sette mesi prima). Peraltro, sempre il 7 luglio, viene approvato un avviso per la formazione di un elenco di professionisti ai quali affidare “incarichi di libera professione presso la Struttura complessa di ostetricia e ginecologia”. A valutare i curricula, ed effettuare i relativi colloqui, è il primario Leo, che sceglie proprio quei tre neo-specializzati.

Le accuse prendono forma

Il concorso, dopo alcune verifiche interne all’azienda ed anche sulla base di un parere legale, viene annullato (ed è stato, nel frattempo, ripetuto). Nel mentre, gli inquirenti sentono alcuni “soggetti informati sui fatti”, mettendo a fuoco vari aspetti d’interesse investigativo. Anzitutto, durante la prova scritta, “Leo aveva manifestato una certa insofferenza per lo svolgimento del concorso, ritenendo la procedura una perdita di tempo e la scelta dei professionisti del reparto una specifica prerogativa del dirigente”. Era poi emerso che era stato sempre il primario a “predisporre i quiz a risposta multipla ed a sottoporli alla commissione, utilizzando a tal fine il metodo di archiviazione su supporto usb”.

Quanto basta alla Procura per la contestazione delle ipotesi di reato ai sei, basata sulla tesi per cui Leo sarebbe stato mosso dalla volontà di “agevolare” i candidati a lui “vicini” per ragioni professionali. Peraltro, lo stesso medico conferma, negli interrogatori davanti al Pm (nel giugno 2018) e al Gip (in luglio), di aver predisposto personalmente i test, avendolo fatto “diversi giorni prima, anche settimane, dal momento che occorre diverso tempo per la loro articolazione”. Nega però “di aver rivelato il contenuto dei quiz ai candidati”.

Le valutazioni del riesame

Nell’esaminare la questione, ai fini di decidere sull’interdizione chiesta dal pm, i giudici torinesi osservano come alcuni elementi (tra i quali la “sproporzione tra i risultati derivanti dalla correzione” dei quiz), difficilmente trovino significato senza “il compimento a monte di un certo comportamento dell’indagato”. Non tralasciano poi la condotta tenuta da Leo “nella predisposizione degli argomenti da trattare nella prova orale”, scegliendo un solo argomento (“sostanzialmente vanificando il meccanismo casuale di somministrazione”), “all’evidente fine di avvantaggiare uno dei partecipanti” (peraltro, risultato primo proprio “per aver superato brillantemente” l’orale).

Il primario – si legge nell’ordinanza del Riesame – “totalmente incurante dei profili della legittimità e correttezza dell’azione amministrativa, nonché dell’interesse dell’azienda sanitaria a selezionare i professionisti” più meritevoli, “ha imposto autoritariamente la propria volontà nella scelta degli specialisti da assumere a tempo indeterminato in reparto, attingendo alle proprie conoscenze professionali e rivelando a costoro i quiz che sarebbero stati somministrati nella prova scritta”, il tutto “chiaramente eliminando ogni chance per i restanti candidati” (nonostante alcuni di loro si trovassero nelle condizioni per cui il concorso prevedeva una riserva del 50% dei posti).

Inoltre, “non pago di aver alterato l’andamento” del test, “ha anche predisposto un unico argomento per la prova orale”. Per i magistrati, “comportamenti che tradiscono l’utilizzazione privatistica del potere pubblicistico rivestito dal pubblico ufficiale in seno alla commissione aggiudicatrice”, peraltro “rivendicati in sede concorsuale come specifica prerogativa del potere rivestito nel reparto”. Temi sufficienti per disporre l’interdizione, che difficilmente il pm Ceccanti ignorerà nel prosieguo del procedimento.

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