Sui contratti a termine, reiterati per diversi anni, la Regione sceglie di pagare. I cinque impiegati forestali che nel dicembre scorso si rivolsero al giudice del lavoro ottengono un risarcimento di 105mila euro.
La querelle era scoppiata nel marzo 2015 quando un disegno di legge pose fine all’assunzione con contratti a tempo determinato da parte della Regione – alcuni per più di 15 anni – dei 36 impiegati forestali che successivamente vennero assunti dalla società di servizi “Salva precari”.
In cinque decisero di rivolgersi al giudice del lavoro chiedendo l’assunzione a tempo indeterminato da parte della Regione, il pagamento degli scatti di anzianità contrattuali, delle retribuzioni dirette e indirette maturate nei periodi intercorrenti tra i vari rapporti lavorativi e la condanna della regione ad un risarcimento danni quantificato in 48 mensilità dell’ultima retribuzione globale.
Nel giudizio, iniziato nel gennaio scorso e poi rinviato, ha pesato una sentenza arrivata nel marzo scorso dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione che ha stabilito che: fermo restando il divieto di trasformazione del contratto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato, in caso di abuso del ricorso al contratto di lavoro a tempo determinato da parte di una pubblica amministrazione, il risarcimento del danno è pari ad un’indennità tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.
Sulla base di quanto affermato dalla Cassazione il giudice del lavoro di Aosta ha, quindi, invitato le parti a trovare un accordo conciliativo. Intesa raggiunta nelle scorse settimane e che vedrà ora la Regione sborsare da 8 a 11 mensilità ai cinque impiegati forestali con la rinuncia di quest’ultimi a intentare altre cause.
“La conciliazione delle cause – si legge nella delibera di Giunta approvata ieri – è, a giudizio dell’Avvocatura regionale, vantaggiosa in quanto, oltre a prevedere la corresponsione di importi che si collocano, come detto, al di sotto del massimo risarcimento comporta, inoltre, l’integrale compensazione delle spese del giudizio, altrimenti stimabili in 5.000 euro, oltre oneri di legge, per ogni posizione, con conseguente rilevante risparmio di spesa, rispetto agli oneri derivanti da una sentenza di condanna”.