La condanna ad un anno di reclusione (pena sospesa) inflitta nel settembre 2021 nel secondo grado del processo “Corruzione VdA” all’ex consigliere delegato del Forte di Bard Gabriele Accornero e all’imprenditore alimentare Gerardo Cuomo, per il reato di corruzione per l’esercizio delle funzioni, è stata annullata dalla Cassazione, con rinvio a una nuova sezione della Corte d’Appello di Torino, affinché “proceda a nuovo esame sul punto e sui profili critici segnalati, colmando” le “rilevate lacune”.
E’ quanto emerge dalle motivazioni della decisione assunta dalla Suprema Corte lo scorso 1° luglio, depositate negli ultimi giorni. L’episodio per cui i due imputati erano stati dichiarati colpevoli era relativo al pagamento, da parte del titolare del “Caseificio Valdostano”, di una fattura di un artigiano che aveva svolto lavori a casa del già manager del polo culturale della bassa Valle (dell’importo di circa 1.600 euro). Nella lettura dei giudici torinesi, così facendo “Cuomo recava un apprezzabile vantaggio, in termini economici, al pubblico ufficiale” Accornero.
“Assenza di una adeguata motivazione”
La Cassazione – che ha accolto un motivo di ricorso della difesa del grossista alimentare (assistito dal legale Alessandro Argento), di cui ha beneficiato anche l’ex dirigente Finaosta (rappresentato nel procedimento dall’avvocato Corrado Bellora) – rileva nella sentenza d’appello l’“assenza di una adeguata motivazione sulla verificata sussistenza di un nesso sinallagmatico tra l’utilità consistita nel pagamento della fattura” ed il “vantaggio che sarebbe stato promesso all’imprenditore Cuomo”, vale a dire l’ampliamento della sede della sua attività in locali già occupati da altre società partecipate della Regione e una successiva rinegoziazione dei contratti, a condizioni vantaggiose.
Il nesso esclusivamente temporale
Gli ermellini osservano che, nella sentenza oggetto di ricorso degli imputati, il nesso “tra le reciproche utilità, considerate l’oggetto dell’accordo corruttivo, appare sorretto dal solo dato della vicinanza temporale tra il pagamento della fattura e l’impegno profuso” da Accornero in una riunione del maggio 2015 alla Presidenza della Regione, “perché si addivenisse ad una dismissione dei locali che interessavano il Cuomo per ampliare gli spazi operativi della propria struttura aziendale”.
Sproporzione manifesta tra prestazioni
Peraltro, prosegue la Cassazione, “la rilevata manifesta sproporzione tra la prestazione del privato e quella del pubblico ufficiale che ha consentito al Cuomo prima di conseguire un locale che era legittimamente occupato da un’altra società, e poi di ottenere un ingente risparmio per effetto del nuovo contratto stipulato nel 2018 di ben 183.585,35 euro – alla luce dello sconto sui canoni ottenuto ed in rapporto alla durata fissata in 13 anni – impone delle valutazioni che sono del tutto mancate nella sentenza impugnata”.
La Corte d’Appello, proseguono i rilievi della Cassazione, “non ha operato alcuna valutazione, anche ai fini della esatta delimitazione del contenuto dell’accordo corruttivo, per verificare se il pagamento di una sola fattura di importo contenuto possa avere effettivamente costituito la ragione determinante dell’intervento operato dall’Accornero per agevolare la cessione dell’immobile detenuto in locazione dalla Deval SpA e per favorire la rinegoziazione dei contratti di locazione”.
Possibile traffico di influenze?
Motivando la necessità di un nuovo esame in Appello, la Suprema Corte indica pure che, “in caso di assenza della spendita di competenze proprie”, da parte dell’allora manager, “andrà verificato se i fatti possano essere piuttosto ricondotti nella diversa ipotesi del traffico di influenze illecite”, riguardo al quale “va ribadito che lo sfruttamento di relazioni con il pubblico agente rende illecita la mediazione anche se l’intervento non è finalizzato alla commissione di un ‘fatto di reato’ idoneo a produrre vantaggi per il privato committente”.
Il ricorso dell’ex presidente Rollandin
La Cassazione motiva quindi il rigetto del ricorso presentato dalla difesa (l’avvocato Giorgio Piazzese) dell’ex presidente della Regione, ed oggi consigliere regionale, Augusto Rollandin, imputato nel processo per cui i giudici d’appello avevano dichiarato estinto, per intervenuta prescrizione, il reato di corruzione per l’esercizio delle funzioni. Tale esito era relativo al comizio elettorale consentitogli da Cuomo nella sua azienda – stando alla lettura della Procura di Aosta (l’inchiesta dei Carabinieri del Reparto Operativo venne coordinata dal pm Luca Ceccanti) – quale “remunerazione” per le “pressioni” esercitate dal politico per portare a buon fine il trasferimento della Deval dal magazzino occupato all’autoporto (Accornero, nell’impostazione accusatoria, fungeva da “trait d’union” tra i due).
Valutazioni “prive di coerenza”
Secondo la Suprema Corte, le valutazioni della Corte d’Appello su questo episodio “appaiono prive di coerenza” nella parte di sentenza in cui, “da un lato, valorizzano le utilità offerte da Cuomo a Rollandin”, consistite essenzialmente nello svolgimento del comizio”, quale “prezzo della corruzione inteso come ampio appoggio elettorale offerto in cambio di una futura acquisizione di vantaggi economici per l’imprenditore dipendenti dalle prerogative pubbliche regionali”, ma dall’altro “riconoscono la piena legittimità dell’operato dei due pubblici ufficiali, Rollandin e Accornero, ridimensionando le anomale pressioni esercitate dai predetti imputati nei confronti degli amministratori delle società controllate dalla Regione” per “sostenere l’interesse dell’imprenditore” al subentro nei locali, “sebbene si trattasse di determinazioni che rientravano nella competenza esclusiva degli organi deliberativi delle predette” partecipate.
La prescrizione cristallizza il verdetto
Inoltre, agli occhi della Cassazione “la lettura delle due vicende corruttive” (il trasferimento di Deval e il pagamento della fattura dei lavori) “appare deficitaria perché non approfondisce la disamina doverosa della collaborazione tra i due pubblici ufficiali” Rollandin e Accornero, che secondo l’opposta ricostruzione operata nella sentenza di primo grado (il Gup di Aosta li condannò, assieme a Cuomo, nel marzo 2019) avrebbero agito in sinergia per agevolare l’imprenditore favorito, quindi, nella consapevolezza dei reciproci accordi corruttivi”.
Tuttavia, concludono gli ermellini, “le contraddizioni in cui è incorsa la Corte d’Appello non possono, però, essere più risolte per la intervenuta prescrizione che non consente di disporre un annullamento con rinvio della sentenza impugnata”. Questa parte del verdetto diventa quindi definitiva, mentre un nuovo processo si aprirà, a Torino, per la vicenda della fattura tra l’imprenditore e l’ex manager.