Droga nel centro di recupero tossicodipendenti “Dahu” di Brusson: chiesti cinque rinvii a giudizio

Per le cessioni nella struttura imputati un giovane allora ospite e la responsabile delle infermiere dell'epoca (cui è contestato anche il peculato). Accusate di frode nelle pubbliche forniture tre figure legate alla gestione della residenza.
Cronaca

Traffico illecito di sostanze stupefacenti, peculato e frode nelle pubbliche forniture. Sono i reati per cui la Procura della Repubblica di Aosta ha chiesto al Giudice per l'Udienza Preliminare del Tribunale cinque rinvii a giudizio per fatti emersi da un'indagine della Squadra Mobile della Questura, che ha riguardato la struttura per il recupero di tossicodipendenti “Dahu”, già Casa per la salute della mente, in località Faucille a Brusson.

Gli episodi per cui si andrà all'udienza preliminare dinanzi al Gup Giuseppe Colazingari il prossimo 22 maggio risalgono al periodo tra luglio ed ottobre 2016. L'ipotesi di spaccio, dalla quale prese il via l'indagine (a seguito di una denuncia e alcune segnalazioni di genitori), è formulata a carico di un 29enne aostano, all'epoca ospite della struttura (assistito dall'avvocato Davide Meloni). Secondo il pm Luca Ceccanti (oggi titolare del fascicolo, assegnatogli dall'allora procuratore capo facente funzione Giancarlo Avenati Bassi), il giovane avrebbe ceduto, all'interno del luogo dove la tossicodipendenza doveva essere curata, “singole dosi di eroina e cocaina” ad alcune persone ricoverate con lui.

Della stessa imputazione dovrà rispondere la 30enne Paula Dochitanu, di origini romene e residente a Donnas (difesa dall'avvocato Pio Coda, del foro di Ivrea), responsabile delle infermiere del centro al tempo delle indagini (e licenziata proprio nell'ottobre 2016), che avrebbe “detenuto ai fini di spaccio metadone” ed altri due farmaci per il trattamento delle dipendenze (brupremorfina ed Alcover), rinvenuti dagli agenti sia nella borsa, sia in casa sua.

Medicinali (quattro flaconi, quattro compresse ed un contenitore con del residuo relativo ad un paziente) di cui la donna aveva la disponibilità professionale nella sua attività a Brusson. Per quei rinvenimenti, in considerazione del ruolo “di incaricato di pubblico servizio” in cui agiva, derivante dall'accordo contrattuale tra la struttura e l'Usl della Valle d'Aosta, scatta quindi anche l'accusa di peculato per l'infermiera, che si sarebbe appropriata dei farmaci.

Di concorso nella frode in pubbliche forniture, ipotesi emersa nello sviluppo dell'inchiesta, sono invece imputati Luca Arnaboldi (36 anni, di Erba), amministratore delegato della “C.S.M Srl”, società che gestiva la residenza “Dahu”, Paolo Girobono (60, di Milano), responsabile del nucleo psichiatria e dipendenze della struttura – con difesa rappresentata, per entrambi, dall'avvocato Matteo Garbisi del foro di Venezia – e Francesca Aldegheri (38 anni, di Verona), responsabile di area di “Codes”, cooperativa che forniva personale al centro di Brusson.

La Procura addebita loro di aver omesso “di adibire adeguato personale all'assistenza degli ospiti” (che nel “frattempo si erano incrementati essendo state appena create le divisioni dei pazienti 'cronici o lungodegenti' e 'minori psichiatrici”), facendo sì che “in diverse giornate vi fosse un solo operatore a controllare i pazienti del gruppo 'dipendenze' e del gruppo 'disturbi nel comportamento alimentare'”. Gli inquirenti contestano “cinquantuno turni anomali, al di sotto degli standard contrattualmente previsti”, tanto che alcuni ricoverati “riuscivano ad allontanarsi dalla struttura, ad acquistare stupefacente e siringhe, a farvi rientro ed a somministrare agli altri ospiti la droga”.

Così facendo – è la tesi dell'accusa – Arnaboldi, Girobono e Aldegheri avrebbero “commesso frode nell'esecuzione del contratto di fornitura con l'azienda USL Valle d'Aosta e comunque nell'adempimento degli obblighi contrattuali necessari ad un pubblico servizio”. Gli inquirenti osservano, in particolare, come lo schema contrattuale allegato alla delibera del Direttore generale dell'Unità Sanitaria Locale del 2015, prevedesse, tra l'altro, “la garanzia di un'adeguata e globale assistenza nell'arco delle 24 ore, l'attuazione di un percorso terapeutico e riabilitativo, la segnalazione di ogni episodio o avvenimento che potesse comportare una modificazione del quadro clinico dei pazienti”.

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