Dure le richieste di condanna del pm della distrettuale di Torino, Laura Ruffino, per i cinque valdostani accusati di trafico internazionale di cocaina legato a la ‘ndrangheta. Ieri mattina, a Torino, si è svolto il processo, che si è tenuto con rito abbreviato.
Il pm ha chiesto: 18 anni e otto mesi per i fratelli Giuseppe e Domenico Nirta, il primo residente in Colombia e il secondo a Quart e 14 anni per i nipoti di questi ultimi Franco e Roberto Di Donato, di Aosta. Davanti al gup è comparso anche Domenico Raffa, di 34 anni, di Aosta. Per lui il magistrato ha chiesto 9 anni e quattro mesi di reclusione, già condannato a quattro anni per spaccio. Per tutti l’accusa è di traffico internazionale di droga. Con i quattro era finito nei guai anche il genovese Pietro Tirasso, per lui la richiesta è 10 anni. I due erano considerati i corrieri della banda, mentre il cervello sarebbe stato Giuseppe Nirta.
Richieste dure, se si tiene conto che il processo si sta svolgendo con rito abbreviato, quindi con la riduzione della pena di un terzo. Per i fratelli Nirta, infatti, la pena partiva da 20 anni come pena base, poi salita a 28 anni, con le attenuanti ottenute per aver reso spontanee dichiarazioni. I pm contestano l’aggravante (una delle prime volte nei processi celebrati in Italia) della ‘transnazionalita’ dell’associazione.
Nelle prossime udienze prenderanno la parola i difensori degli imputati (Cosimo Palumbo, Romano Console, Erika Gilardino, Michela Malerba). Il calendario è già stato fissato: il 28 settembre, il 6 e il 20 ottebre. La sentenza è prevista il 5 novembre.
L’indagine era iniziata nel 2007. L’operazione è coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia, ed è stata condotta dai carabinieri del Ros. Il provvedimento di fermo dei Nirta e dei Di Donato, eseguito l’11 giugno dello scorso anno, era scaturito dalle indagini avviate dal Ros all’inizio del 2007, sotto la direzione della Procura Distrettuale di Torino, nei confronti della diramazione valdostana della cosca Nirta, coinvolta nella faida di San Luca, nella locride.
La cocaina, proveniente dalla Colombia, arrivava in Italia tramite la Spagna e l’Olanda. “Stiamo cercando una casa di 1.200 metri quadrati a 25 euro al metro quadrato”. Era il messaggio in codice per avanzare la richiesta di 1.200 chilogrammi di cocaina a 25.000 euro al chilo da parte dell’organizzazione malavitosa. Cervello del gruppo, sempre secondo quanto riferito dai militari, era Domenico Nirta, mentre il fratello Giuseppe e i fratelli Di Donato avevano compiti di intermediari e gestivano i vari passaggi del traffico, anche con viaggi in Spagna e Olanda.